
di Marianna Gianforte
«Non tollero l’offesa alle strutture universitarie, nei miei confronti sì, ma in nessun caso sono disposto a tollerare un giudizio d’incapacità o sommarietà nei confronti degli uffici dell’ateneo». È dura la replica del rettore dell’università del’Aquila Ferdinando di Orio al docente e suo antagonista, Sergio Tiberti.
Non ha voluto far passare in sordina l’ennesimo attacco al suo operato, così ha ribattuto punto per punto alle accuse e alle «illazioni» di Tiberti e «altri “ex-qualcosa”» che hanno puntato il dito un po’ su tutto: dalla questione della legionella diffusasi nelle settimane scorse nel settore residenziale della Reiss Romoli, a quella dei presunti affitti gonfiati allo stabile dell’ex-Optimes, dove sono stati ricollocati alcuni corsi di laurea, fino alla critica da parte di Tiberti di «aver nominato il consiglio d’amministrazione e il Nucleo di valutazione a sua immagine e somiglianza».
Invece “no”. «Tutto ciò che viene fatto all’università», ha replicato di Orio, «è approvato dagli organi collegiali e dal senato accademico. A me sembra che c’è chi cerca di distruggere l’università buttandola in caciara».
«Il nucleo di valutazione è stato votato all’unanimità», ha ribadito il rettore, «non è vero che l’ho scelto io a mia immagine. Il consiglio d’amministrazione è composto, invece, da 12 persone che vengono da vari mondi, vi sembra possibile che siano tutti telecomandati dal rettore?».
Quanto all’inchiesta sugli affitti che sarebbero stati pagati a costi superiori a quelli di mercato, dei locali dove è stata ricollocata la facoltà di Ingegneria e sui relativi lavori di adeguamento dopo il sisma, di Orio ha precisato: «Io non ho ancora ricevuto nulla e nemmeno il mio avocato. Si tratta di una richiesta di rinvio a giudizio e non di un rinvio a giudizio, andremo davanti al giudice e spiegheremo la nostra posizione. Mi assumo la responsabilità politica di avere cercato spazi per i miei studenti, all’a ex-Optimes abbiamo ricollocato 6mila ragazzi, se non l’avessi fatto saremmo andati altrove, forse sulla costa. Ad accusarmi sono gli stessi che allora avrebbero portato l’università fuori dall’Aquila. Inoltre sottolineo che la gestione amministrativa dell’ateneo è del direttore amministrativo e non del rettore».
Di Orio ha poi ribattuto sulla richiesta di Tiberti di commissariare l’università, in quanto, in caso di rinvio a giudizio del rettore, toccherebbe proprio a lui, come rappresentante legale dell’ateneo, nominare l’avvocato che dovrebbe andargli contro. «Siamo nel comico. Siamo sulla luna. Non esiste alcuna possibilità che l’ateneo venga commissariato, è pure fantasia».
Poi l’invito ai suoi “oppositori” a «tenere fuori da questi attacchi personali l’ateneo e i suoi uffici, che hanno sempre lavorato bene, bisogna tenere fuori da queste basse polemiche l’istituzione universitaria, per il bene dell’università e della città».
Questione legionella: l’ordinario di igiene generale e applicata Leila Fabiani, ha detto «non c’è stato alcun provvedimento della Asl nella direzione di chiudere gli spazi universitari. Faremo un monitoraggio costante sull’ambiente e sull’acqua calda per tenere aggiornata la situazione. Ma per noi e per la Asl la Reiss Romoli non è mai stata in una situazione di non fruibilità. Abbiamo sospeso l’utilizzo dell’acqua calda per brevi periodi durante il ponte dei Morti, per precauzione, me il problema legionella esiste qui come esiste in numerose situazioni nel Paese, l’approccio giusto è di controllare la situazione mantenendola nella fascia del rischio basso accettabile».
Anche il responsabile del Servizio prevenzione e protezione, Mario Alaggio, ha tranquillizzato. Ieri c’è stato un incontro con il responsabile della sicurezza negli ambienti di lavoro della Asl, il dottor Pompei, il quale ha detto che gli spazi non residenziali della Reiss Romoli sono pienamente fruibili».
A stretto giro rispetto alle dichiarazioni del rettore, è arrivata anche la replica del professor Tiberti. «Nessuno ha mai parlato di andare sulla costa, ma abbiamo sempre detto che l’università stava spendendo enormi somme dello Stato».