La Maiella alza un urlo per svelare i suoi tesori

31 dicembre 2012 | 06:13
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La Maiella alza un urlo per svelare i suoi tesori

di Vincenzo Battista

“[i]Quando le pecore prima parlavano[/i] – narra una leggenda – [i]hanno giurato in faccia a Gesù, davanti alla sua capanna: Signore io mi figlio due volte l’anno e al mio padrone offro il latte, con tutto il cuore; la capra invece disse: io, Gesù, mi figlio una volta l’anno, mani le mai sotto di me, per mungere, non le deve mettere il padrone del gregge e voglio stare in una parte calda…[/i]”

{{*ExtraImg_85510_ArtImgRight_300x400_}}Chissà quante volte Giuseppe Avolio artigiano- artista, ha predisposto le “prove generali” delle statuine in terracotta, i suoi personaggi, tratti dalla vita quotidiana di una società agro-pastorale, spostandoli, ricollocandoli tra il muschio e le ambientazioni di cartapesta, oppure addirittura rimodellandoli, attento alla gestualità, alle pose e alle forme plastiche dei gesti, alle proporzioni e offrendo anche la “parola” e le storie ai suoi attori del presepe, perché potessero dialogare nelle tante “società virtuali” montate poi dalla comunità pacentrana sopra i palchi, nelle nicchie, nei ripostigli, sopra il camino, magari nelle credenze delle cucine o nei luoghi più impensati delle case contadine.

Il presepe, appunto, dal latino [i]praesepium[/i] o [i]praesepe[/i]: la mangiatoia, il ricovero dello stazzo dove è nato Gesù che forse solo a Pacentro, il borgo-presepe dell’immaginario collettivo che si scorge dalla conca peligna, poteva trovare una sua consacrazione.

{{*ExtraImg_85511_ArtImgLeft_300x400_}}Dalle notti di Natale, le statuine in terracotta modellate e smaltate nelle variegate forme da Avolio continuano a vivere una tradizione e riproducono un’umanità chiusa dentro regole e modelli arcaici pastorali, costituita anche da tante fiabe e narrati della tradizione orale, come quella appunto delle pecore che stipulano un patto davanti alla capanna del Messia poiché appartengono in definitiva al solido microcosmo di una comunità locale secolarizzata, che trasmette le sue gesta e i suoi pensieri ad una appassionata vicenda di artigianato che se ne fa interprete, attraverso un maestro cantore delle sue genti – Avolio appunto – intento a rappresentare anche la storia delle condizioni di vita della società locale con la sua economia di sopravvivenza, comune poi a molti altri centri montani fino a qualche decennio fa.

Una società che sommava anche l’interpretazione dei fattori naturali, magico-religiosi, i miti culturali della pastorizia, da trasferire nel caso emblematico di Pacentro nel rituale del presepe, ancora presente nelle case del borgo peligno nella sua unicità narrativa.

{{*ExtraImg_85512_ArtImgRight_300x400_}}Giuseppe Avolio (1883 -1962) ,”il maestro”, “l’artista” delle” fogge del vestire”, dei costumi in argilla, emigrò in America e dopo alcuni anni fece ritorno a Pacentro per dedicarsi alla sua vera attività, quella di modellatore di statuine, decoratore e soprattutto attento interprete della realtà locale, del paesaggio montano, fino alla trasfigurazione di un mondo metastorico, popolato da streghe e briganti, incantesimi e poteri magici “[i]ma che bisogna conoscere[/i] – dicono a Pacentro – [i]per prepararsi già dalla feste natalizie[/i]”, per partire, in un viaggio… per l’evento, quando in montagna si apriranno i “Tre Portoni” nella località “Valle di Fondo”, alle pendici della Maiella.

In cammino da Pacentro, dopo alcuni giorni, bisogna raggiungere quella località magica, e solo l’ultimo giorno dell’anno i “Portoni” si aprono, i faggi si scuotono allora come mossi da una forza innaturale, le rocce intorno iniziano a cadere, la montagna lancia un urlo per svelare i suoi tesori, i mazzamurielli e le pantasime, creature immortali, magiche e misteriose, custodi della vegetazione, si radunano e accorrono per vedere e controllare gli uomini, mentre i lupi e gli orsi si riuniscono in grandi branchi, le aquile e i falchi volteggiano in tre grandi cerchi sopra la montagna, tutta la natura intorno si trasforma, come se fosse piegata per un volere divino, dettata e indicata per un evento sopranaturale, con lo scopo di rivelare le ricchezze accumulate dai briganti, protette e custodite per un anno intero.

{{*ExtraImg_85514_ArtImgLeft_300x225_}}I “Portoni” si aprono insieme, quindi, e dal fondo fuoriescono tre luci abbaglianti e impetuose che abitano nelle viscere della montagna.“[i]Ma bisogna essere rapidi a prendere il tesoro, solo pochi minuti di tempo hai a disposizione per entrare nel cuore della montagna con le bisacce, le conche, e raccogliere i gioielli, e tutti quei preziosi diademi in grandi mucchi[/i] – raccontano gli anziani della tradizione orale del luogo – [i]perché allo scoccare della mezzanotte i “Portoni” si chiudono e se si resta all’interno della montagna bisogna aspettare il 31 dicembre dell’anno successivo per uscire e tornare al paese[/i]”, a Pacentro, che mantiene ancora in vita i valori legati ai beni culturali minori e immateriali nel racconto di una Maiella del riscatto, del desiderio, delle speranze tradite, imponente e misteriosa, ancora oggi.

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[i]Antonio Di Stefano, artigiano- artista, è l’autore della collezione dei presepi. Nel suo laboratorio, a Cavalletto D’Ocre, ha un’esposizione di oltre 30 presepi realizzati con tronchi e radici di alberi insieme alle statuine della tradizione napoletana della celebre via di San Gregorio Armeno. Ha partecipato, nella provincia dell’Aquila, a rassegne e mostre espositive.[/i]

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20 dicembre

[url”I cristalli di luce nella lunga Notte di Natale “]http://ilcapoluogo.globalist.it/Detail_News_Display?ID=44511&typeb=4&Loid=153&I-cristalli-di-luce-nella-lunga-Notte-di-Natale[/url]

[i]All’inizio, pensarono, monte Ocre “portava” la bufera[/i]

24 dicembre

[url”I tre magi in viaggio sulle creste del Gran Sasso “]http://ilcapoluogo.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=44853&typeb=0[/url]

[i]I tre Magi in viaggio sulle creste del Gran Sasso[/i]

31 dicembre

Alla ricerca del tesoro dei” Tre portoni” nell’ultimo giorno dell’anno

[i]La Maiella alza un urlo per svelare i suoi tesori

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