
«Spero che sia solo conseguenza di un ritardo amministrativo della burocrazia regionale e che l’accordo transattivo possa ancora farsi». Così il presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, che è anche commissario per la sanità, sulla richiesta di pignoramento avanzata nei confronti dell’ente regionale per il risarcimento danni di due milioni e 650 mila euro al quale la Regione è stata condannata, in due gradi di giudizio, a favore di una famiglia teramana che da venti anni accudisce la figlia disabile dalla nascita per un errore medico compiuto durante il parto all’ospedale ‘Mazzini’ di Teramo.
«Altrimenti – ha aggiunto – sarà chiaro a chi addebitare eventuali maggiori oneri che la Regione dovesse trovarsi a pagare. Si tratta di un episodio di tanti anni fa. Ora, chiuderlo e risarcire la famiglia è una cosa giusta. Domani stesso solleciterò ancora una volta una definizione». La famiglia, attraverso il legale Gianni Gebbia, si è vista costretta a procedere al pignoramento della somma nei confronti della Regione dopo che è saltata la firma dell’accordo transattivo, previsto per il 20 dicembre scorso, basato sul versamento di circa 2,2 milioni di euro, con un risparmio di circa 450 mila euro per l’ente regionale.
Per raggiungere l’intesa prima del terzo grado di giudizio, c’era stato l’intervento, ritenuto decisivo, del presidente Chiodi e del suo più stretto collaboratore Enrico Mazzarelli, segretario della presidenza della Giunta regionale, per i quali è giusto definire un contenzioso vecchio di circa venti anni legato ad una vicenda molto grave e dolorosa. Secondo l’avvocato Gebbia, l’intesa è saltata per via di dissidi tra l’ufficio legale della giunta regionale e quello della sanità. «Non credo siano dissidi – spiega ancora il governatore abruzzese – ma una questione di assunzione di responsabilità per le strutture burocratiche. Infatti, l’esercizio di margini di discrezionalità comporta sempre dei rischi perché, per esperienza, si sono trovati alcune volte magistrati che, non comprendendo bene la questione, hanno messo in discussione gli stesso margini di discrezionalità. Quindi, per la burocrazia addirittura può convenire di subire pignoramenti ed espropri piuttosto che assumersi la responsabilità e risparmiare – continua Chiodi -. Con un maggiore onere per la Regione e di conseguenza per i cittadini».
La transazione prevedeva, come stabilito dei dirigenti dell’ufficio legale, un pagamento rapido a condizione che la somma dovuta fosse ridotta a 2,2 milioni di euro e fosse divisa in due rate: una di circa 1,8 milioni di euro entro il 31 gennaio 2013 e l’altra di circa 400 mila euro entro il 31 dicembre prossimo. Prima di Natale, il 20 dicembre, la doccia fredda per la famiglia, esposta a un notevole esborso economico per curare la figlia che non ha mai potuto avere una vita normale, visto che non parla, essendo assente rispetto al mondo che la circonda. Il padre della giovane disabile ha scritto una lettera aperta nella quale denuncia la mancata transazione sottolineando il calvario della famiglia.