
Il 12 febbraio i ginecologi e le ostetriche incroceranno le braccia: niente parti programmati, esami o visite, eccetto le emergenze.
L’astensione al lavoro riguarderà, oltre i punti nascita ospedalieri del Ssn, anche i consultori familiari e gli ambulatori ostetrici extraospedalieri.
Quindi niente cesarei programmati e niente induzione di parti programmati, per un totale di circa 1.100 interventi stimati che dovranno essere rinviati o anticipati.
Questa la scelta estrema di 15mila operatori, proclamata durante la conferenza stampa alla fondazione Primoli a Roma.
Lo sciopero è indetto dalle principali associazioni di categoria: l’Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani (Aogoi), la Società italiana dei ginecologia (Sigo), l’Associazione ginecologi universitari (Agui), la Federazione Sindacale medici Dirigenti (Fesmed), l’Associazione ginecologi territoriali (Agite), la Società italiana di ecografia ostetrica e ginecologica e metodologie biofisiche (Sieog) e l’Associazione italiana di ostetricia (Aio).
Il motivo dello stato d’agitazione sono i tagli della spending review, che secondo gli operatori stanno mettendo in ginocchio l’assistenza sanitaria in un settore chiave. «La richiesta principale – spiega Nicola Surico, presidente della Sigo – è di inserire il tema del contenzioso medico-legale nei programmi dei partiti, suggeriamo ad esempio l’obbligatorietà di polizza assicurativa come in Francia».
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