
«È l’ennesimo femminicidio. Se provassimo a farne una questione di numeri, dovremmo osservare che numericamente N ha la pessima abitudine a tendere all’infinito. Ogni anno, anche quello appena concluso, questo numero N cresce. E il nuovo anno è cominciato fin troppo presto. E invece questa successione di morte deve finire. Adesso». Così il Centro Anti Violenza per le donne dell’Aquila commenta il gesto del pluriomicida di Bazzano.
«È una successione di morte che – si legge in una nota – nulla ha a che fare con la passione. La passione rinvia all’amore. Qui invece il protagonista è l’odio, è il contrario dell’amore: è la paura. Orjeta, la donna assassinata insieme al suo nuovo compagno, ritiene di avere la libertà di fare delle scelte, per se stessa, per la sua vita, in questo caso anche per i suoi figli, e agisce questa libertà. E sceglie».
E lo sfogo continua: «Per questo viene uccisa, da un uomo, il suo ex marito, che non sopporta quella libertà, non la riconosce a qualcosa, “qualcosa”, che gli appartiene, punto e basta. E allora, semplicemente, la elimina. Dov’è la passione in questo?».
«Ci dicono, da vari pulpiti, che in fondo è colpa nostra: troppo discinte, troppo spregiudicate, troppo svergognate, troppo disinvolte, troppo provocanti. Come se fossimo circondate da bestie dominate dagli istinti più bassi e non da esseri pensanti. Ci dicono di rimanere in casa: è più prudente, fuori è pericoloso, si fanno brutti incontri. Come se in un Paese civile si debbano rinchiudere le vittime e non i carnefici. Dov’è la passione in questo?».
«C’è sgomento in città. Come se mai nulla di tutto questo sia mai successo prima in questa città. Signori, in questa città, come in ogni altra città di questo Paese, succede invece tutti i giorni. Succede tutti i giorni che uomini, italiani o stranieri, colti o analfabeti, ricchi o poveri, giovani o anziani, torturano e tentano di annientare le loro mogli, fidanzate, compagne di una vita o di una sera. Lo fanno in ogni modo, esplicito e visibile come un livido o una ferita sanguinante oppure invisibile come tutti i sorrisi che riescono a spegnere. Dov’è la passione in questo?».
«Numeri, si diceva. Nel 2011, 97 donne uccise, 118 nel 2012. Per tacere di tutte quelle donne che fortunatamente non sono morte, almeno non definitivamente. N tende a crescere sempre, si diceva. Le cronache raccontano di una “emergenza”, di un fenomeno esploso negli ultimi tempi, ma sono sempre i numeri a svelare invece un’altra verità: non siamo di fronte ad una emergenza, questa è la normalità».
«Il pericolo per le donne è antichissimo, è sempre e da sempre lo stesso e nella maggior parte dei casi, ha le chiavi di casa. Lo sanno bene i tanti Centri Anti Violenza che operano in Italia. Lo sanno bene soprattutto quelli che, nonostante l’opinione pubblica gridi all’emergenza, paradossalmente sono costretti a chiudere i battenti, strozzati dalla mancanza di fondi, anche minimi».