L’Aquila: problema sicurezza

19 gennaio 2013 | 08:59
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L’Aquila: problema sicurezza

di Alessia Lombardo

Sicurezza tra spending review e ricostruzione. Un day after insolito: la candida neve non cancella il rosso del sangue. Quelle montagne che ci circondavano non ci proteggono più: dal 6 aprile tutto è cambiato.

Di giorno in giorno L’Aquila appare sempre meno una città sicura. Lo dicono i fatti e le considerazioni che ne seguono, al di là delle ideologie politiche, sono di tutela e diritto alla sicurezza.

Il sisma ci ha tolto troppo, a molti tutto, non siamo più liberi come prima di vivere la nostra città. L’apertura al mondo ha generato fisiologici rischi e stavolta ne siamo dentro fino al collo. Inutile negare l’evidenza: i morti ci sono usciti. Due vite stroncate prematuramente, bambini orfani di madre costituiscono un eccezionale precedente che deve portare a delle riflessioni con successive azioni.

Siamo balzati sulla cronaca nazionale non per le nostre macerie, ma per [url”un duplice assassinio”]http://ilcapoluogo.globalist.it/Detail_News_Display?ID=48021&typeb=0&L-Aquila-pluriomicida-non-risponde-al-pm[/url]. Non siamo a Scampia, neanche a Tor Bella Monaca e Vucciria di Palermo è troppo distante.

Ricostruire una città senza avere la libertà di farsi una passeggiata temendo per qualcuno o qualcosa non serve a nulla. La nostra L’Aquila muore ogni giorno.

Negli ultimi anni gli sciacalli hanno addentato fino all’osso le abitazioni terremotate, saccheggiato le case agibili, alcuni cittadini hanno organizzato ronde private per tentare di salvare le proprie cose dopo i tagli alle forze dell’ordine e le poche volanti rimaste a vigilare.Bassi forzati non si sa da chi per dormire, più episodi di vandalismo, uno stupro, all’alba del 2013 colpi sparati ad altezza d’uomo in un’abitazione.

L’altra faccia della medaglia del capoluogo non ci piace. Sia chiaro, non si chiede la militarizzazione successiva alla forte scossa delle 3.32, ma semplicemente una vita civile degna di questo nome. La truffa dello specchietto delle auto, l’abusivismo record dell’Epifania, persone morte investite e infine il far west fuori il supermercato.

Se il terzo sparo andato a vuoto avesse colpito una nonna o un bambino? Non concorriamo a diventare la nuova Avetrana, fermiamo prima, i turisti hanno già tante immagini da immortalare.

Con l’arrivo della manovalanza, italiana e straniera, si sarebbe dovuto contribuire all’integrazione per evitare che culture, ma anche abitudini diverse entrassero in conflitto. Dibattiti nei bar, ma anche nell’agorà del web hanno risvegliato negli ultimi giorni molti nostalgici della vecchia destra, con le difese d’ufficio dei sinistroidi.

Il raptus non conosce etnie né bandiere. Il disagio sociale cresce e, circondati da macerie, si chiede maggiore tutela. La legge della forza appartiene ai popoli incivili. Non retrocediamo verso l’involuzione, abbiamo già troppi problemi. Con le imponenti cifre garantite dalla ricostruzione qualche risorsa potrà essere deviata per la sicurezza dei cittadini.

Occorre sedersi attorno a un tavolino e integrare per creare prospettive di convivenza. Ammesso che si veda il problema, nonostante l’evidenza. Sicurezza non è una parolaccia, ma una tutela in paese civile.

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