
di Annamaria Coletti Strangi
Galeno (12,434), uno dei più famosi medici del mondo antico, fa una distinzione tra la buona e la cattiva cosmesi.
Egli disdegna l’arte del trucco “[i]che procura una bellezza acquistata: rendere più bianco o più rosso il colorito del viso, con medicamenti o farsi i capelli ricci o rossi o neri o, come fanno le donne, accrescerne a dismisura la lunghezza, questa e altre simili sono operazioni della perniciosa arte del trucco e non dell’arte medica. Mentre, lo scopo della cosmetica, che è parte della medicina, è quello di conservare nel corpo tutta la sua naturalezza, cui si accompagna la naturale bellezza[/i]”.
Già nel mondo greco la cosmesi era condannata come arte della contraffazione e dell’inganno, mentre lo Stato tentava di arginare le imponenti importazioni dall’Oriente, popolo di barbari considerati molli e corrotti e che potevano minare l’etica greca che aveva come modelli di comportamento l’eroe omerico e come riferimento femminile la casta Penelope.
Platone (Gorgia 465 b) considerava la cosmesi “[i]pratica viziosa, fraudolenta, ignobile, indegna di un uomo libero che, per via di trucchi di colori, di lisciature e di abbigliamenti, inganna così che molta gente, rivestendosi di una bellezza che non le appartiene, trascura quella che le è propria[/i]”.
La morale corrente, tipicamente maschilista avrebbe voluto imporre alle donne (estranee agli impegni civili) la ricerca della vera bellezza cioè una dignità di comportamento unito a un sano moto domestico che oggi farebbe sorridere, ma che allora ogni marito avrebbe desiderato per la sua sposa.
In Roma l’arte di agghindarsi non ebbe certo migliore fortuna: contro le furono censori e nostalgici dei tempi passati, mentre dilagava il lusso e decadevano i costumi, anche per, come rimproverava Seneca (epist.114,9), una “[i]cura eccessiva del proprio corpo[/i]”.
Nonostante gli editti censori, l’avversione dei benpensanti e dei moralisti, la messa alla berlina di poeti comici e satirici, la cosmesi aveva molti proseliti, sia uomini sia donne, nel sofisticato mondo romano.
Grande successo avevano creme e maschere per rendere il viso liscio e bianco, senza rughe, efelidi o macchie, famosa era la dispendiosa maschera di sterco di coccodrillo del Nilo, che solo le più ricche potevano permettersi.
Accessibile ai più era quella composta da lupini gialli tostati, con fave, iris, alcioneo e miele, o quella di polvere di corna di cervo con bulbi di narciso mescolati a miele e lenticchie bastarde.
Molto nota era la poppeana pinguia, lanciata dall’avvenente Poppea,a base di latte d’asina, miele, farina di segale e aromi.
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[i]*Facoltà di Lettere e Filosofia – Università degli Studi dell’Aquila[/i]