Voto o non voto?

13 febbraio 2013 | 06:01
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Voto o non voto?

di Ariale

Che casino…

le mie giornate sono sotto scacco in tre sole mosse: 1- esco di casa vado a lavoro; 2 – esco da lavoro vado al supermercato; 3 – esco dal supermercato vado a casa.

In un triangolo di circa 12 kmq si spalma la mia vita, lontanissima dall’armonia e la perfezione della simbologia geometrica in questo triangolo, aquilatero, imperfetto ed immerso nel nulla.

E dovrei pure votare?

Guardo le liste, minestrone riscaldato: coda di rospo, zampe di gallina, ali di pipistrello, lingua di coccodrillo, giro la misticanza, mi avveleno con i fumi, mi disintossico, mi faccio coraggio.

Voto o non voto?

Guardo i visi, scruto i simboli, depenno i nomi che circolano da prima che nascessi, sento le interviste, seguo la politica e niente da fare non mi convincono, non mi fido più.

Attori con cerone sul viso, puffi come Gargamella, comici, magistrati, giornalisti, tutti in corsa in questo casereccio Momenti di Gloria, lo scranno parlamentare il premio da podio, il culto della personalità ostentato con le esche dei miracoli.

Si ma allora chi voto?

Mi giro nel letto, non dormo, la coscienza fa a pugni con il mio stomaco, voto il meno peggio?

Mi tolgo il prosciutto dagli occhi, bello stagionato ormai, lo sventolo davanti il naso nero liquirizia del mio Pippo, lui lo agguanta e lo ingoia voracemente.

Però senza prosciutto penso che stanno comperando gli F35 per circa 12-15 miliardi di Euro, che forse ci garantiranno un’ottima difesa, purchè non piova, perché i fulmini potrebbero farli esplodere in volo, un difettuccio da niente.

Poi ci sono i 4,5 miliardi di € pagati per la truffa delle quote latte pari, secondo la nostra valuta, alla ricostruzione di due quarti della nostra città; e altri 4 miliardi, l’estorsione chiamata IMU, spalmati sul monte, o Monti?, dei Paschi di Siena, gli ultimi due quarti del centro storico.

E dovrei pure votare?

Per non deprimermi mi butto in un cinema e mi vedo Lincoln. Mi ricorda che in giro ci sono stati uomini di statura enorme, in grado di trascendere, tracimare, travalicare, machiavellicamente, la storia dell’umanità patteggiando con la parte più corrotta dell’enclave politica (favolosa quel tipo di corruzione) pur di sublimare una pagina stupenda di diritti civili: il 13° emendamento che abolì la schiavitù dei neri.

Meraviglioso il “[i]noi siamo balenieri[/i]” di Lincoln, un uomo che non abbandona le missioni, che ad ogni costo deve frangere il ghiaccio, spaccarlo, nell’affermazione di diritti universali che come un faro lo illuminavano, ieri oggi e domani, e comporre una delle meno imperfette democrazie mondiali che ci ha insegnato la possibilità dell’impossibile.

Il film è finito. Mi arrampico sulla poltroncina. Non voglio più uscire, andare fuori, tornare da [i]quelli lì[/i]. Le maschere dapprima sono gentili, poi, visto che non mollo la presa, e graffio pure, mi prendono con il sedile e mi posano fuori dal cinema mentre urlo come un poppante a cui viene strappato il biberon, l’ugola a vista.

Con coercizione sono costretta a tornare su questa terra: l’ottica mentale e visiva precipita dall’alto dei principi e vola basso per schiantarsi come un aereo che perde quota, avvitandosi su se stesso:

voto o non voto?

Pago come un milanese per brandelli di servizi e città, si muore di nuovo di povertà e l’unico dato che cresce è quello della disoccupazione.

Come potrò mai votare?

Forse se mi rimetto il prosciutto sugli occhi, mi prendo un po’ di valium per stordirmi, una bomba per il mal di stomaco, la molletta sul naso, forse ce la posso fare, forse riesco a votare.

Rimane, però, l’altro problema: chi votare?

E allora me ne vado a letto, sperando di fare un buon sonno che porti consiglio, con annesso presidente, annaspando con i pensieri su questa fattoria degli animali, con grilli, caimani, camaleonti, cani per foto, porcellum, macchie di leopardi, leoni, con l’unica fredda consapevolezza di orwelliana memoria che il peggior nemico dell’uomo sia proprio l’uomo e che per loro, o contro loro, ho solo un’arma: il mio voto, o il mio non voto, e la mia onesta, lucida, lungimirante scelta.

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