Difendere l’Idi, uno spiraglio di luce nelle tenebre

20 febbraio 2013 | 10:32
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Difendere l’Idi, uno spiraglio di luce nelle tenebre

di Nando Giammarini

Finalmente una schiarita per quanto concerne l’ormai gravissima situazione dei lavoratori dell’IDI (Istituto Dermopatico dell’Immacolata) in lotta da agosto che da quella data hanno ricevuto solo uno stipendio.

Considerando che in alcuni casi entrambi i coniugi lavorano in quella struttura sanitaria intere famiglie sono duramente provate dal protrarsi di una situazione assurda che arriva al limite dell’umana sopportabilità. Interi nuclei familiari messi sul lastrico, nonostante ciò i lavoratori – con spirito di servizio e di collaborazione in difesa di quella eccellenza dermatologica, in cui vengono a curarsi pazienti di tutta Italia – lo stanno difendendo a tutti i costi continuando a lavorare praticamente senza essere retribuiti.

Una forma di responsabilità fuori dal comune, mai vista a differenza della proprietà che non si sa come ha accumulato un ammacco stimato, secondo fonti sindacali, tra i 600 e gli 800 milioni di euro. Al contempo stanno portando avanti tutte quelle forme di lotta necessarie ad arrivare ad una svolta vera e propria che garantisca il ritorno al normale svolgimento della vita per tante famiglie e pazienti. La prima proposta fu quella di abolire super minimi da capogiro che portavano nelle tasche dei dirigenti di primo livello come il direttore sanitario, di 340mila euro l’anno. Ma l’esasperazione, si sa, porta a fare di tutto e di più. Li abbiamo visti salire sul tetto dell’ospedale con temperature rigidissime, fare lo sciopero della fame, dimostrare davanti alla sede della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), manifestare in piazza S. Pietro in occasione dell’Angelus, Bloccare l’Aurelia.

Gesti forti che portarono il commissario straordinario Palumbo a istituire un tavolo di confronto che se non fosse stato sostenuto dalla lotta dei lavoratori non avrebbe prodotto alcun risultato. La direzione sanitaria continuava a brancolare nel buio se non a pescare nel torbido visto che erano spariti i bilanci e le vite di tante famiglie relegate a situazioni di precarietà senza alcuna certezza.

Una domanda se la pongono tutti: “com’è possibile che un’attivissima struttura ospedaliera in cui bisogna far la fila dalle 5 del mattino per poter prenotare una visita specialistica quindi un fiume di danaro non indifferente, sia ridotte in queste condizioni”? Ciò non è dato sapere. Dall’altro canto la politica sanitaria della Regione Lazio, che a livello generale con la ristrutturazione ha portato alla chiusura di tanti ospedali e presidi sanitari, togliendo un servizio essenziale a tanti paesini di montagna al confine tra il Lazio e l’Abruzzo che in caso di necessità impiegano almeno un’ora per raggiungere l’ospedale più vicino, è totalmente fallimentare e la riscontriamo quotidianamente con le tante proteste di gente che rischia il posto da un momento all’altro. Probabilmente la Governatrice Polverini aveva necessità di risparmio per altri fini, non ha lesinato promozioni a dirigenti dei propri pupilli anche da dimissionaria. A fronte di una simile situazione l’esigenza di giustizia si deve far sentire chiara e dirompente.

Oggi a distanza di sette mesi, ma si poteva fare decisamente anche prima da parte della Santa Sede, la nomina di commissario del Cardinale Giuseppe Versaldi presidente della Prefettura degli affari economici del Vaticano. Una figura di prestigio, salutata con favore da tutti i dipendenti e dalle varie sigle sindacali, stimata nei sacri ambienti cui è affidato l’arduo compito di risollevare le sorti della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione proprietaria dell’IDI, del S. Carlo di Nancy e di villa Paola. Uno spiraglio di luce nelle tenebre. Auguriamoci, soprattutto per i tanti lavoratori direttamente interessati e per la città, che si arrivi immediatamente a un’inversione di tendenza e come primo passo si trovino i fondi per pagare gli stipendi arretrati e scongiurare i 400 licenziamenti annunciati.

Ricordo ai lettori di questa autorevole testata che sono tante le famiglie abruzzesi che lavorano all’Idi, due solo della mia piccola frazioncina, Cabbia di Montereale ed un’altra di Aringo. E’ convinzione comune che i problemi della sanità laziale non sono solo dei Monti di Creta; in tutti gli altri nososcomi della capitale e della sua Provincia la situazione è al collasso: dal S. Giovanni, al PTV ( Policlinico Tor Vergata) al Policlinico Umberto I° la riduzione di personale sanitario, voluta dalla Governatrice Polverini, tra medici, paramedici, tecnici di laboratorio e posti letti sta creando situazioni di caos totale. In quegli ospedali al pronto soccorso giacciono, talvolta anche per giorni e notti in attesa di essere trasferiti in altri, malati sofferenti e bisognosi di cure. Anche anziani.

Al Policlinico Agostino Gemelli, altro ospedale della Santa sede, secondo la denuncia dell’associazione Genitin, è pronto un reparto di terapia intensiva neo natale ma non può aprire per mancanza di personale e di finanziamenti della Regione Lazio che, avendo stanziato due anni fa due milioni di euro non li ha mai erogati. Probabilmente sono serviti per le spese personali e delle fidanzate o conviventi dei vari Fiorito, Maruccio e tutti gli altri “addetti ai lavori”. Alla diffusione della prima positiva notizia il candidato Presidente del centro sinistra in Regione Lazio, che aveva già incontrato i lavoratori sostenendo senza si e senza ma la loro giusta causa, ha cosi dichiarato: «Per affrontare seriamente la complessa vicenda dell’Idi era condizione indispensabile quella di avere un interlocutore autorevole e riconosciuto. Ora che la Santa Sede, nella propria autonomia, ha scelto di indicare un commissario è necessario che si apra una nuova fase e che si ritirino le procedure di messa in mobilità del personale con la presentazione di un serio piano industriale».

La gente sgomenta non si spiega il silenzio della Regione che in questa terribile storia per tante famiglie, la città, i pazienti non ha speso una sola parola. Da voci trapelate all’ultimora sembra che nella decisione delle dimissioni di Papa Benedetto XVI° abbia pesato anche la vicenda Idi S. Carlo de Nancy in cui la Santa Sede non ha fatto certo una bella figura.