
di Annamaria Coletti Strangi*
La donna che profuma, trucca e cura esageratamente il proprio aspetto evoca inesorabilmente l’idea della seduzione cortigiana o del tradimento, della tresca adultera. Questo aspetto verrà evidenziato dalla commedia, genere letterario che più degli altri si presta a riprodurre la realtà mettendo in ridicolo le debolezze umane.
Si legge in Plauto (poen.217ss.): ”[i]noi (Adelfasio e Anterostilide), infatti, dall’aurora fino a quest’ora del giorno, non abbiamo smesso un momento la nostra occupazione: lavarci, massaggiarci, ripulirci, agghindarci, lisciarci e rilisciarci, pitturarci e mascherarci … [/i]“.
Alla seduttrice viene affiancata la vecchia innamorata, che, versione degradata del [i]senex amator[/i], cerca di coprire la sua decadenza fisica con l’artificio e il trucco.
Feroce è Marziale (9,37): “[i]O Galla, te ne stai a casa e intanto nel mezzo della Suburra tu vieni adornata, e per te si prepara la chioma che non hai; di notte deponi i denti allo stesso modo di un abito di seta e giaci riposta in cento vasetti e la tua faccia non dorme con te, eppure ammicchi invitante verso di me con quel sopracciglio che ti hanno tirato fuori dalla scatola questa mattina…[/i]” e non si va oltre per decenza.
Impietoso è Clemente Alessandrino (Poedag. 3,3): “[i]Ah quelle che devono scandalizzare i cristiani, lasciatemelo dire sono quelle che s’imbrattano con ogni specie di belletto il viso e le palpebre … Quelle che, nonostante l’età avanzata, non vogliono manifestare che sono vecchie, che elevano sulle loro teste un edificio di capelli fittizi e si rifanno una giovinezza bugiarda sopra le loro rughe, che tutte tremanti per l’età si danno arie di fanciulle fra la schiera delle nipoti.[/i]”
E Giovenale (sat. 6,464 ss.): “[i]Eccola grottesca e ridicola a vedersi, il viso gonfio di pappa, olezza di grasse pomate poppeane in cui si invischiano le labbra del povero marito. Con la pelle ben nitida però vanno dall’amante! Quale donna si preoccupa di apparire bella nella propria casa? Per gli amanti si cercano i profumi, solo per quelli si compra tutto quello che voi, gracili indiani, mandate qui…[/i]”.
Persino Properzio il poeta elegiaco, s’insospettirà nell’osservare la bella amante Cinzia troppo dedita alla cura del suo aspetto (1,2,1 ss.): “[i]Che gusto hai, vita mia, a incedere con i capelli adorni e a far ondeggiare in pieghe sottili la stoffa di Cos, o a cospargere le tue chiome di mirra di Siria, a evidenziare il tuo aspetto con prodotti stranieri, a dissipare la tua naturale bellezza con un decoro comprato? Perché impedisci al tuo corpo di risplendere delle sue doti? Credi a me, il tuo aspetto non ha bisogno di cure. Amore, nudo non ama l’artificio[/i]”.
Come ultima testimonianza degli attacchi alla cosmesi, si cita un passo dello Pseudo Luciano (am.38-41) la cui acredine e misoginia sono così offensive da suscitare un sorriso di compatimento da parte delle donne che leggono: “[i]Le donne contino qualcosa quanto ai figli, ma in tutto il resto, dio ne scampi! E che a me non tocchi averci a che fare. E chi, infatti, se ha un po’ di cervello, sopporterebbe una donna che comincia a farsi bella dal primo mattino con espedienti artificiali … ? Si circondano di una massa di serve di uguale bruttezza e si chiudono in casa per ore, hanno vasi pieni di grandi diavolerie e consumano la maggior parte del giorno nell’acconciare i capelli di cui cambiano colore come fanno con le stoffe. Indossano tessuti fini come veli, fatti passare per vestito, per rendere accettabile il loro andare nude! Inoltre spendono in profumi i patrimoni dei mariti. Ad aggiungere vergogne ancora maggiori, hanno pietre del Mar Rosso di gran valore al collo e serpenti ai polsi e alle braccia che, volesse il cielo, fossero veri anziché d’oro! E poi c’è la corona piena di gemme che circonda la testa e collane giù fino a serrare le caviglie. E pensare che le loro gambe meriterebbero di essere, invece, avvinte in ceppi di ferro![/i]”.
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[i]*Facoltà di Lettere e Filosofia – Università degli Studi dell’Aquila[/i]