Imprese, male solo artigianato e agricoltura

1 marzo 2013 | 18:29
Share0
Imprese, male solo artigianato e agricoltura

Fatta eccezione per i settori dell’artigianato e dell’agricoltura, che hanno fatto registrare pesanti flessioni, il 2012 per la parte restante del mondo dell’impresa abruzzese si è chiuso in modo positivo. E’ quanto emerge da uno studio curato dal ricercatore abruzzese Aldo Ronci che ha elaborato dati Infocamere per conto della Cna regionale.

Le iscrizioni delle imprese non artigiane sono state superiori alle cancellazioni: 7.698 contro 6.225, con un incremento di ben 1.473 unità, terzo miglior risultato dell’ultimo decennio dopo il 2004 e il 2010.

A queste cifre si contrappongono quelle del settore dell’artigianato, che ha fatto registrare un saldo negativo di 825 unità. Il tasso di natalità, definito «alto» nell’indagine, è pari al 6,99%, contro il 6,10% della media nazionale. L’incremento percentuale è stato dell’1,28%, valore pari a una volta e mezzo quello medio italiano (0,84%).

A livello territoriale, i risultati positivi interessano tutte le aree della regione, con il Pescarese e il Teramano che crescono «più vistosamente» (rispettivamente 619 e 549 unità, con tassi di crescita del 2,25% e del 2,02%).

Variazioni positive sono state registrate in tutte le attività economiche tranne che nel settore dell’agricoltura, che registra una pesantissima flessione (-714 unità, con un decremento di 402 aziende solo nel Chietino); il più consistente degli incrementi va ai servizi, con 460 unità, seguiti dalle attività ricettive (301), dal commercio (210, con Pescara a quota +111), dalle costruzioni (214) e dall’industria (170).

«Nel 2009, in Abruzzo – commenta Ronci – si sono persi 24mila posti di lavoro e negli anni successivi parte dei lavoratori rimasti senza occupazione ha deciso di aprire nuove attività. Dal 2009 al 2012 gli incrementi percentuali delle imprese non artigiane sono stati nettamente superiori alla media italiana e le scelte si sono dirette verso il commercio, la ristorazione e i servizi alle imprese». Alcuni comparti produttivi non artigiani, dunque, secondo il ricercatore, si sono trasformati in un «enorme ammortizzatore sociale», ma nonostante ciò i 24mila lavoratori rimasti senza lavoro nel 2009 «sono, alla fine del 2012, comunque ancora 10mila».