Stop all’uso improprio del 118

10 marzo 2013 | 09:33
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Stop all’uso improprio del 118

Sempre più italiani scelgono, in caso di bisogno, di andare al pronto soccorso con i propri mezzi rinunciando a chiamare l’ambulanza. Spesso in macchina e in alcuni casi in taxi. Frutto anche di una maggiore consapevolezza dei danni che può arrecare alla comunità l’uso improprio del servizio.

Se nel 2011 era stato infatti il 68% degli italiani ad usare i propri mezzi per raggiungere il Dea, il dipartimento d’emergenza, nel 2012 il dato ha fatto un balzo in avanti arrivando a toccare quasi il 78%. Un 10% in più, ovvero 650 mila cittadini che hanno raggiunto l’ospedale da soli. Un aumento che in alcune Regioni è piuttosto sostanzioso: Molise (+70%), Campania (+30%), Calabria (+10%) e Sicilia (+10%). Mentre sempre lo scorso anno poco più del 18% ha utilizzato un mezzo di soccorso per raggiungere l’ospedale, contro il 27% del 2011.

A far emergere un comportamento più virtuoso dei connazionali nei confronti del 2011, è anche il dato nazionale degli accessi totali ai pronto soccorso. Si è passati dai 14.479.595 del 2011 ai 13.433.427 del 2012. Dunque una riduzione di circa 1 milione di visite. A fotografare il fenomeno è il monitoraggio delle prestazioni erogate nell’ambito dell’emergenza-urgenza da parte delle strutture del 118 e dei presidi ospedalieri, trasmesse al sistema informativo Emur del ministero della Salute. Report aggiornato a fine 2012 (escluso il mese il dicembre per alcune Regioni).

«A Napoli, pur non avendo una diminuzione delle chiamate, c’è un uso improprio del 118 che può essere a volte paradossale e deleterio per il servizio – spiega dall’Adnkronos Salute Roberto Cascata, medico della centrale operativa del 118 di Napoli – l’ambulanza è chiamata spesso per lievi traumi a scuola, piccoli incidenti domestici e banali problemi di salute a lavoro o per chi è agli arresti domiciliari, tutti codici verdi che in realtà non dovrebbero passare attraverso il nostro servizio. Ma lo fanno perché, ad esempio a scuola, nessuno si vuole prendere la responsabilità d’intervenire subito. E’ più facile contattare noi – aggiunge – ma questo produce poi l’allungamento dei tempi. Ecco che le persone, se devono aspettare un’ora il mezzo di soccorso, o rinunciano o si fanno accompagnare in ospedale».

«Sovraffollamenti e lunghe attesa nei pronto soccorso, con i pazienti per ore sulle barella dentro i Dea, hanno scoraggiato e influenzato negativamente gli italiani – spiega Massimo Magnanti, segretario del Sindacato professionisti emergenza sanitaria (Spes) – davanti alla scelta di recarsi o meno in ospedale non per una vera emergenza. Ma non dimentichiamo anche i tagli al personale e ai servizi».

Accanto ai numeri in salita di Campania, Calabria e Sicilia, altre Regioni come la Toscana, le Marche, l’Abruzzo crescono meno. Mentre sono stabili su questo fronte i numeri del Lazio, della Lombardia e della Puglia. Un leggero calo invece per l’Emilia Romagna.

Gli italiani di fronte all’emergenza optano in qualche caso anche sul servizio pubblico dei taxi. «Non abbiamo un dato che ci indica un aumento delle chiamate da parte dei clienti che devono raggiungere un pronto soccorso, ma è sicuro che una nostra macchina arriva dal cliente prima dell’ambulanza. Però i casi sono davvero limitati», ad affermarlo è Franco Fazioli, responsabile delle relazioni esterne della Cooperativa 3570.

Per quanto riguarda gli accessi totali ai Dea a far registrare le maggiori variazioni tra il 2011 e il 2012 è il Veneto che passa da 1 milione e trecento mila visite a quasi la metà, 604 mila. Un calo di circa 400 mila accessi anche in Emilia-Romagna, da 1,8 a 1,4 milioni. Più leggera la diminuzione invece nel Lazio, (circa 100 mila) e Campania (250 mila). Per la Sicilia e la Calabria, che fanno registrare raddoppi degli accessi tra il 2011 e il 2012, va precisato che le due Regioni hanno messo a regime il flusso di dati solo lo scorso anno. Inoltre il ministero sottolinea che «per la maggior parte delle regioni, i dati relativi al mese di dicembre 2012 non sono stati ancora trasmessi, pertanto, in alcuni casi, la riduzione del numero di accessi per quell’anno risente del mancato invio delle informazioni relative al mese di dicembre».

«Nel Lazio e a Roma non abbiamo registrato un calo delle chiamate alla sala operativa del 118 – avverte il direttore della sala operativa Ares 118 di Roma, Livio De Angelis – ma il dato registrato dall’Emur è indicativo di un cambiamento nelle abitudini della popolazione. Si chiama l’ambulanza nei casi gravi, i codici gialli e rossi, e quando si tratta di un problema meno grave si scelgono altre soluzioni. Anche non andando più al pronto soccorso. E’ opportuno però che le Regioni offrano delle alternative sul territorio – conclude – perché il 118 si fa carico di tutte le esigenze di salute dei cittadini, ma solo evitando i sovraffollamenti e l’abuso del servizio se non necessario, permettendo invece di migliorare la qualità del servizio e le tempistiche».