
di Ariale
Le mani seccate dal gelo si spaccano e sanguinano con le dita intirizzite che a fatica si chiudono sulle pietre scelte. Nel mucchio ce ne sono tante, di pietre; e ogni uomo studia e prende la forma più funzionale per comporre il tracciato delle mura medievali che stanno costruendo intorno alla città, mura difensive, cinte perimetrali per respingere.
Intra ed extramoenia, dentro e fuori.
La sicurezza.
La difesa.
Internamente ed esternamente: dentro, nei locali, i cittadini legati dai vincoli che scrivono la storia di un territorio; fuori gli stranieri, il pericolo, Fortebraccio da Montone, la peste.
Si vigila attentamente: se si crea una breccia, un passaggio, un crollo, si indebolisce la protezione in questo abbraccio di pietra che cinge la città.
Pietre che salvavano ieri, pietre che lapidano oggi per chi voglia tirare una sassata; la sicurezza a pezzi in questa città svuotata, buia e poco illuminata.
Le mura, scheletro rotto, i cittadini dispersi nelle riserve artificiali delle new town, che guardano dal di fuori quelle pietre, la storia che si è capovolta.
Dentro e fuori, l’intramoenia disabitato, paese dei balocchi per i male intenzionati; l’extramoenia una giungla, periferia degradata, convivenze difficili sempre più tese, appartate, non volute, con [i]alcuni[/i] stranieri, in una terra inselvatichita e depredata da eventi naturali e umani.
Calzante la visione cruda e brutale del profeta Ezechiele: la distesa dalle ossa secche, spolpate, senza più vita, nervi, pelle e speranza, che con rumore tentano di avvicinarsi le une alle altre per ricomporsi e tornare a vivere, tentare di vivere.
Tutto questo lei pensa mentre l’ispettore di polizia la invita a raccontare. E lei confusa, con lacrime secche ed un respiro profondo, meccanico, prende il residuo delle sue forze, come una rete che raschia i fondali, caccia fuori i ricordi e si riconcentra. Racconta.
Ma le immagini si confondono, si mischiano, è fra due dimensioni, oniriche: le mura, la difesa, i rumori, la città, ieri; il vuoto, i silenzi, il buio, oggi.
La tranquillità e le aggressioni.
Le gira la testa, non ricorda tutto, le sembra di sentire il crollo delle mura medievali, vedere la breccia che si è aperta, la polvere alzarsi, l’incolumità della città a rischio, orde di barbari che entrano, assalgono e saccheggiano, la gente che urla e fugge, la cattiveria che dilaga, con la parete addominale squassata da spasmi che le danno una nausea feroce.
Vaneggia, sogna, poi ritorna con febbrile razionalità a raccontare, mentre rivede antiche mani seccate dal gelo, spaccate, che sanguinano, comporre le mura medievali intorno alla città, mura difensive, cinte perimetrali per respingere: intra ed extramoenia, dentro e fuori, la sicurezza e la difesa, i limiti, i confini, di una città vivibile.
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