L’Aquila, perde lavoro per commenti facebook

21 marzo 2013 | 09:52
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L’Aquila, perde lavoro per commenti facebook

«Mi sono presentato in orario e non ho trovato altri candidati ad attendere», spiega. Del resto, la posizione ricercata dalla compagnia, richiede il profilo specifico di ingegnere gestionale, da impiegare nel settore acquisti.

Un buon contratto, anche se a tempo determinato. Curriculum alla mano, Simone sa di avere tutte le carte in regola. Basta apparire sereni, magari evitando di impappinarsi e il gioco è fatto.

«Mi hanno tenuto un’ora e mezza», racconta. «Il colloquio è andato molto bene e i miei interlocutori sono apparsi interessati agli studi e alle esperienze passate. Dall’altra parte del tavolo c’era l’addetta al personale, insieme al dirigente del settore dove avrei dovuto lavorare».

Nei primi quarantacinque minuti fila tutto liscio, a un certo punto, però, la donna si congeda, dicendo di aver prenotato una visita medica. «Un episodio insignificante, per me in quel momento. Però col senno di poi, mi chiedo se quello della visita medica non fosse in realtà un pretesto per uscire anzitempo».

Il colloquio va avanti e le cose sembrano mettersi bene, tanto che il dirigente suggerisce a Simone di restare in Sardegna per aver modo di espletare tutte le pratiche necessarie all’assunzione.

«L’ultima parola però», sottolinea, «spetta al recruiter. Vengo congedato con la promessa di una risposta a stretto giro, 36-48 ore». Passa un giorno. Niente. Passano due. Ancora niente. Al quarto giorno l’ansia inizia a salire e Simone, non potendo contattare direttamente l’azienda, si rivolge all’agenzia interinale per evitare di prolungare la vacanza in Costa Smeralda a tempo indeterminato.

Qui arriva la sorpresa: l’esito del colloquio è negativo. «Ero molto deluso e contrariato, in quanto credevo di avere il contratto in tasca, anzi avevo già chiesto ai familiari di aiutarmi a trasferirmi. Ho insistito un pò con l’addetta allo sportello dell’agenzia, con cui ero entrato in confidenza e la ragazza mi ha fatto capire che l’azienda non avrebbe gradito alcuni post sulla mia bacheca Facebook.

In particolare», evidenzia Simone, «quei link che ho condiviso su importanti vertenze di attualità nazionale, come l’Ilva di Taranto. La cosa lì per lì mi ha sorpreso, ma parlandone con degli amici ho scoperto che si tratta di una prassi. Pensare che un amico ha avuto tanti problemi alla frontiera israeliana perché tra i suoi contatti su Facebook ci sono un paio di ragazzi musulmani».

Secondo alcune statistiche recenti, l’86% di recruiter usa Facebook per trovare e analizzare il profilo dei candidati, il 93% si affida a Linkedin, mentre il 54% a Twitter. Le quattro cose con impatto più negativo sui recruiter sono: riferimenti all’uso di droghe, errori grammaticali, commenti di natura sessuale e immagini e foto che ritraggono il candidato ubriaco. «Big brother is watching you…».

Fonte: Il Centro, articolo di Fabio Iuliano