
di Valter Marcone
[i]Ecco dunque, quando[/i]
Oggi ho visto un uomo vecchio
con un pezzo di vetro da finestra
in mano,
oggi ho visto un uomo giovane
con un fon per capelli in mano
camminare su un alto marciapiede,
oggi ho camminato sotto le impalcature
del puntellamento d’una casa.
Oggi ho rinunciato a camminare
all’ombra delle travi e al sole
dei tetti caduti
come faccio ormai da quattro anni
in questa città.
Oggi è come ieri, verrà domani
e sarà forse come oggi.
Quando? Quando potremo sognare
fuori da un sogno
nella realtà degli odori di cucina,
degli scantinati ammuffiti, del sudore
della pelle e delle ossa.
Quando ci riporteranno le nostre gambe
doloranti per l’artrosi
su quelle strade di selci e asfalti
che furono il nostro cammino quotidiano,
il nostro indugio notturno,
il nostro misurare il tempo,
il nostro rincorrere le speranze ,
sopportare i dolori, chiamare
Anna, Giulio, Francesca, Mario, Alberto,
Giuseppe per una tazza di caffè,
un rimbrotto, un pensiero d’amore, uno sguardo
atteso, un gesto consueto.
Quando?
Ho visto oggi giardini abbandonati,
finestre cavate come occhi
uomini a cui non è stato più concesso
il diritto di stare al sole
in una piazza.
Quando? Dunque quando?
Ed è una inutile domanda come inutile
non è la speranza di quando ricominceremo
a sperare.
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