L’Aquila, la città immobile

27 marzo 2013 | 06:51
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L’Aquila, la città immobile

di Valter Marcone

[i]Ecco dunque, quando[/i]

Oggi ho visto un uomo vecchio

con un pezzo di vetro da finestra

in mano,

oggi ho visto un uomo giovane

con un fon per capelli in mano

camminare su un alto marciapiede,

oggi ho camminato sotto le impalcature

del puntellamento d’una casa.

Oggi ho rinunciato a camminare

all’ombra delle travi e al sole

dei tetti caduti

come faccio ormai da quattro anni

in questa città.

Oggi è come ieri, verrà domani

e sarà forse come oggi.

Quando? Quando potremo sognare

fuori da un sogno

nella realtà degli odori di cucina,

degli scantinati ammuffiti, del sudore

della pelle e delle ossa.

Quando ci riporteranno le nostre gambe

doloranti per l’artrosi

su quelle strade di selci e asfalti

che furono il nostro cammino quotidiano,

il nostro indugio notturno,

il nostro misurare il tempo,

il nostro rincorrere le speranze ,

sopportare i dolori, chiamare

Anna, Giulio, Francesca, Mario, Alberto,

Giuseppe per una tazza di caffè,

un rimbrotto, un pensiero d’amore, uno sguardo

atteso, un gesto consueto.

Quando?

Ho visto oggi giardini abbandonati,

finestre cavate come occhi

uomini a cui non è stato più concesso

il diritto di stare al sole

in una piazza.

Quando? Dunque quando?

Ed è una inutile domanda come inutile

non è la speranza di quando ricominceremo

a sperare.

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