
di Vincenzo Battista
Una pianura di polvere alzata dal vento. Dallo specchietto retrovisore la nube velocemente si allarga, spinge le sue onde, soffoca la luce, mi avvolge, infine, in una irreale assenza del paesaggio, quando la sagoma del pick-up mi sorpassa, con dietro, nel cassone, i tre uomini con il volto e la testa coperta dal mantello del [i]burnus[/i] o [i]aslham[/i] (usato in molti paesi di lingua araba).
Uno mi getta lo sguardo tra la nube, la foschia bassa, schiacciata, di questa pianura che qui, molto tempo prima, era fondale melmoso di 18 metri di acqua stimati dall’ingegner Bisset: il punto più basso del lago del Fucino, l’attuale insediamento di Telespazio.
Prosciugato dalle acque per volere del principe Torlonia nella seconda metà dell’Ottocento, dopo sedici anni di lavori è oggi una grande indefinita monocromatica distesa in quest’alba, dove la nube di polvere prosegue, con i lavoratori extracomunitari, fino ai campi di Celano. Rimarranno fino a metà giornata a preparare gli orti del Fucino su una terra bianca e fine che sembra sabbia del deserto per il trapianto dell’indivia, della cicoria pan di zucchero, dei finocchi e del radicchio che poi verranno ricoperti da enormi teli, per proteggere le piante, e irrorati, quando alla fine l’Iman, nella “sala di culto” di Celano, li richiamerà. Ricorderà a tutti il Venerdì santo, il giorno santo per i musulmani, dell’adunanza, mentre si preparano lavandosi i piedi in un rito di purificazione. L’Iman pronuncerà il discorso in piedi, poi tutti si inginocchieranno sui tappeti, a piedi nudi, “[i]verso La Mecca, dove sorge il sole[/i]”.
Rimarranno così, nella stanza adibita a luogo di preghiera. Intanto, il sacerdote, a poche centinaia di metri dalla “sala di culto”, con impazienza, si muove nella chiesa di San Giovanni intorno agli abiti delle sette confraternite celanesi, i loro ricchi costumi, i simboli e i santi, insieme ai bambini con le vesti della Passione, le addolorate, le veroniche e gli angeli in una delle processioni più importanti in Italia del Venerdì Santo: penitenziale, suggestiva, a tratti barocca, il lungo corteo visita il cordone religioso delle chiese, con le soste, il Miserere e i canti polifonici.
Si muoveranno così le confraternite, alcune delle quali di antichissima istituzione, nel centro storico, dalle prime ore del pomeriggio fino a sera, secondo un secolare ordine di precedenza con le soste, “[i]le posate[/i]”, i giovani figuranti, gli enormi ceri, la bara del Cristo e un tempo, prima del prosciugamento del lago, le barche devozionali, oggetti votivi dei pescatori del “Lago di Celano” offerte ad ognuna delle confraternite.
Il lungo corteo della processione passerà anche davanti alla “sala del culto”. Vicine le due religioni, quasi a toccarsi oltre i simboli, come scrive il sacerdote, “[i]nella propria passione quotidiana, fatta di miserie e di dolori[/i]” e non solo di questo Venerdì santo. Lontano nel tempo storico riemergono le due religioni vicine, quasi a toccarsi, anche per opera di Tommaso da Celano, il biografo di San Francesco.
Conservata nella Cappella Bardi di Santa Croce a Firenze, la Tavola Bardi, attribuita a Coppo di Marcovaldo che la dipinge intorno al 1243, rappresenta 20 storie sulla vita di Francesco, tratta appunto da “Vita Prima” di Tommaso da Celano. In una di queste storie narrative del dipinto c’è Francesco con i suoi compagni, sicuramente uno è Tommaso alle sue spalle, davanti al sultano Malik-al Kamil sul trono e i dotti musulmani seduti, compatti, che ascoltano attenti quel giovane uomo vestito di stracci, con il vangelo in mano, venuto lì da lontano, che parla del “[i]vivere fra i musulmani in modo intenso e fraterno[/i]” in pieno svolgimento della quinta crociata.
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