L’Aquila, il terremoto ha scosso anche la lingua

31 marzo 2013 | 08:20
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L’Aquila, il terremoto ha scosso anche la lingua

di Giovanni Baiocchetti

“Basta un giro in tram in qualunque città italiana per rendersi conto che il dialetto, con gradi diversi di italianizzazione, è una realtà quotidiana ovunque”. Giorgio Raimondo Cardona, grande linguista italiano, già nel 1985 contestava quanti consideravano il dialetto una realtà in via di estinzione, se non addirittura un caro estinto. Ma cosa rappresenta il dialetto nella realtà aquilana? In che modo è stato influenzata dal terremoto del 6 aprile 2009? Ad analizzare il quadro linguistico del capoluogo abruzzese post sisma è Francesco Avolio, docente di dialettologia presso il dipartimento di Scienze umane dell’Aquila.

Professore, qual è la funzione del dialetto nell’Italia contemporanea?

Il dialetto è una piccola lingua (e non una lingua minore) che svolge umili funzioni di comunicazione quotidiana. Ciò lo fa percepire come qualcosa di fragile, invece forse sta proprio in questo una parte della sua forza, nell’essere direttamente collegato a funzioni essenziali della comunicazione familiare, amicale e non solo.

{{*ExtraImg_119064_ArtImgRight_300x395_}}Per quanto concerne la realtà aquilana, si notano dei cambiamenti nell’uso del dialetto prima e dopo il terremoto?

Io e la mia allieva Teresa Giammaria abbiamo condotto delle indagini apposite e abbiamo riscontrato diverse novità. Per esempio, si è notata una certa diffusione del dialetto in alcuni ambienti e in alcuni strati sociali in cui non era utilizzato nella fase pre-sisma. Un aspetto particolare scaturito dal nostro studio è l’aumento del prestigio di cui gode il dialetto cittadino al di fuori dell’area urbana. Paesi come Coppito o Monticchio, fino a pochi anni fa, non mostravano di attribuire alcun particolare valore al dialetto cittadino; in molte località, anzi, si amava distinguersi dall’aquilano. Il terremoto, purtroppo, ha distrutto una parte importante dei luoghi in cui la comunità viveva e in cui si ritrovava; in questa dissoluzione materiale, molti hanno trovato in un bene “inoggettuale” come il dialetto uno dei pochi beni a cui aggrapparsi, a cui “appendere” la propria identità. La lingua locale è divenuta il simbolo di un’aquilanità in pericolo ed ha ampliato i suoi spazi d’uso, guadagnando anche prestigio: molte località vicine all’Aquila oggi si autodefiniscono aquilane e si sentono rappresentate dal dialetto cittadino, cosa che prima non avveniva.

Per dialetto arcaico si intende l’idioma usato dalle persone anziane, soprattutto in piccoli centri rurali. Che cosa resta di tutto ciò nel nostro modo di parlare?

Più di quanto non si possa immaginare a prima vista; basta avere la capacità e a volte anche l’umiltà di guardarsi intorno per scoprire il dialetto anche quando non ce lo aspettiamo. Per esempio, lo troviamo in bocca agli immigrati; è ovvio che questi non lo imparino solamente dai nostri anziani, il che vuol dire che il dialetto che noi riteniamo arcaico viene adoperato anche da persone più giovani, da persone che non conducono una vita troppo appartata. A mio avviso dovremmo rivedere qualche categoria che si è usata anche in linguistica un po’ troppo frettolosamente come “arcaicità”, “isolamento” o “conservazione”.

Cosa ci dice sulla presenza del nostro idioma su internet?

Il dialetto è dilagato in rete dopo il terremoto. L’uso del web è soprattutto, se non esclusivamente, giovanile e permette una pluralità di scelte e di funzioni che non possono non sorprendere. Troviamo infatti frasi, video, canzoni, testi, poesie in aquilano e addirittura siti internet dedicati esclusivamente alla nostra piccola lingua.