
di Fulgo Graziosi
Tempo fa abbiamo riferito delle aggressioni subite da alcune persone nelle aree centrali della città e in pieno giorno. Oggi vorremmo parlare di ciò che avviene nella ‘zona rossa’, nell’arco delle ventiquattro ore, in quel settore della città precluso ad ogni tipo di circolazione. Nei mesi precedenti il centro storico era stato interdetto a tutti sia per ragioni di sicurezza e incolumità dei proprietari e dei visitatori, sia per evitare fenomeni di sciacallaggio. I presidi militari, che hanno egregiamente svolto la funzione di controllori e di garanti, sono stati quasi del tutto annullati. Ne è rimasto solamente qualcuno, collocato nei punti dove più intensa è l’attività lavorativa per consentire agli automezzi di cantiere di lavorare con la massima razionalità.
Si era sparsa la voce della intensificazione dei furti nelle abitazioni della ‘zona rossa’ e abbiamo voluto verificare che cosa avviene realmente all’interno del centro storico della città. Abbiamo lasciato la macchina nei pressi dello Stadio Comunale e ci siamo avviati lentamente verso il centro. Abbiamo imboccato decisamente Via Garibaldi, lanciando uno sguardo fugace a Piazza Paganica dalla omonima via. Siamo arrivati vicino a Via San Martino. Una sola macchina era parcheggiata nelle vicinanze e, da una delle traverse è spuntato un signore anziano con due involucri, collocati nelle rispettive mani.
Con aria indifferente, dandoci un contegno da turisti visitatori, abbiamo fatto finta di fotografare i danni del terremoto arrecati alle pareti dei fabbricati circostanti. L’ignaro signore ha depositato i pacchi nel bagagliaio, dovevano essere dei quadri, ha tratto un sospiro di sollievo ed è tornato sulla strada di provenienza. Abbiamo deciso di aspettare per vedere come potessero svolgersi le cose. Dopo poco è tornato con altrettanti involucri, ben avvolti in carta da pacchi.
L’operazione è andata avanti per oltre due ore, senza che nella zona fosse transitata almeno un’autovettura dei Vigili Urbani. L’ultimo viaggio effettuato dal povero signore era abbastanza impegnativo. Portava due tappeti, ben arrotolati e protetti, piuttosto pesanti, tanto che aveva difficoltà a collocarli nel portabagagli dell’autovettura. Mossi da un senso di considerazione, con estrema cautela, ci siamo avvicinati per offrire il nostro aiuto ma, anche e soprattutto, per sapere qualcosa di più su quell’intenso lavorio e sulla provenienza di quel materiale di un certo valore. Abbiamo raggiunto subito il nostro secondo scopo, perché il povero malcapitato aveva bisogno di esternare tutto il rammarico, l’amarezza e la delusione per un furto subito nella giornata precedente.
Non si rassegnava all’idea che qualcuno avesse potuto liberamente profanare la propria abitazione, ripulendola di tutti gli oggetti d’argento che lo stesso aveva lasciato in casa. «La mia abitazione – ha tenuto a precisare – è stata classificata ‘A’ e sarebbe agibile se quelle attorno non fossero cadenti. Dopo il terremoto ho tolto gli oggetti più cari e indispensabili, lasciando il resto così come è sempre stato, con la speranza di tornare presto a casa mia».
«Fino a qualche mese fa, per poter venire a casa, mi dovevo sottoporre ad un deciso controllo dei militari addetti, i quali volevano controllare il permesso che il Comune mi aveva rilasciato e i miei documenti personali». Ci spiega anche che al ritorno annotavano la durata della visita e guardavano attentamente gli oggetti che avevo prelevato.
«Il permesso del Comune – tiene a precisare – andava rinnovato mese per mese, con l’annotazione della targa dell’autovettura da me indicata e il nominativo dell’eventuale accompagnatore».
«Mi sentivo cautelato e protetto. Non potevo pretendere di più e ci ha mostrato il permesso, ormai scaduto e non più ritenuto necessario dalle autorità competenti». Informato del furto subito, si è recato a casa per effettuare una ricognizione dei danni, notando che i ladri, entrati da un piccola finestra di un cortile confinante con altre proprietà, avevano preferito l’argento, facilmente commerciabile nel clan dei ‘ricettatori’, ai quadri ed ai tappeti di maggior valore.
Non ha escluso, e abbiamo dovuto dargliene atto, che chiunque, come noi, avesse assistito all’operazione, senza sapere chi fosse il cittadino, avrebbe potuto affibbiargli uno dei due titoli a scelta: ‘ladro professionista’ oppure ‘ladro per caso’, visto che nella zona non esiste più da tempo una qualsiasi forma di controllo e di vigilanza. L’unica qualifica mancante, quella vera, di proprietario di abitazione in ‘zona rossa’ non l’avrebbe ottenuta da nessuno.
Gli organi comunali, forse, dovrebbero avvertire la necessità, l’opportunità e l’obbligo di ricercare, ad ogni costo, la proficua ed encomiabile collaborazione dell’Esercito, se vogliamo consentire ai proprietari degli immobili del centro storico di salvare il salvabile. In quelle case ci sono le tracce della storia della nostra città, della collettività aquilana. In quelle stanze, per anni, è stata conservata gran parte della nostra cultura. Non buttiamola al macero. Facciamo qualcosa di concreto che ci faccia apparire al Paese e al Mondo custodi delle nostre origini.