
«Nella mia qualità di Coordinatore regionale del Mia Casa d’Abruzzo e di ex-parlamentare, in occasione del quarto anniversario del terremoto e della sua graditissima presenza a L’Aquila, le chiedo, a nome delle famiglie ancora sfollate – scrive Pio Rapagnà – di promuovere un incontro di lavoro con la Istituzioni pubbliche regionali e locali e soggetti attuatori della ricostruzione e della messa in sicurezza antisismica degli alloggi e degli edifici di edilizia residenziale pubblica di proprietà dell’Ater e dei Comuni del cratere».
«In questi 4 anni – continua Rapagnà – trascorsi dal 6 aprile 2009 è rimasta completamente ferma la ricostruzione ‘pesante’ degli edifici inagibili classificati E, ricostruzione affidata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Commissario delegato e Presidente della Regione, al Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche ed agli enti locali e strumentali della Regione e dei Comuni».
«Purtroppo, aldilà delle buone intenzioni dei soggetti attuatori della ricostruzione – osserva Rapagnà – l’Ater ha avviato soltanto 92 interventi per la riparazione e ricostruzione leggera, il Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche e il Comune dell’Aquila sono sostanzialmente fermi nell’opera di ricostruzione pesante, e l’intero patrimonio abitativo pubblico danneggiato dal terremoto presenta oggi una situazione drammatica».
«In questi anni, a L’Aquila e in Abruzzo – afferma il coordinatore di Mia Casa – è stato fatto un grande sforzo per respingere i ripetuti tentativi di infiltrazione di alcune forme di criminalità politica, amministrativa e malavitosa e per respingere e prevenire corruzione, clientelismo e distorte e incontrollabili modalità di gestione del denaro pubblico, e lo dimostrano in modo inequivocabile le puntuali relazioni annuali della Magistratura ordinaria, Amministrativa e della Corte dei Conti sull’andamento della ricostrzione e le attività degli Enti pubblici, Società strumentali, partecipate e controllate, sottoposti al loro controllo».
«In tale contesto – prosegue l’ex parlamentare – dispiace constatare che, pur in presenza di evidenti situazioni “anomale” di cattiva gestione, sperpero di denaro pubblico e facile corruzione, le massime Istituzioni della Regione Abruzzo, gli Enti Locali e le strutture della pubblica amministrazione non hanno dato un buon esempio, sul piano legislativo, nell’opera ricostruzione, di vigilanza e di lotta alla corruzione ed alla criminalità politica e amministrativa insediatasi sul nostro territorio e di cui sono state e sono piene le cronache giudiziarie, investigative e repressive».
Secondo Rapagnà «si è sviluppata e si consolida quotidianamente una illegalità diffusa a livello economico privato e amministrativo pubblico, con un enorme giro di affari, che coinvolge il settanta per cento dell’attività complessiva della Regione, mentre abbiamo assistito alla esplosione di scaldali che hanno decapitato i vertici politici ed amministrativi di Comuni e Regione, e che, senza drastiche iniziative di prevenzione e contrasto, sembra far presagire cose non buone per il futuro dell’Abruzzo e dell’Aquila».