
di Alessia Lombardo
Non solo lacrime di dolore, distruzione e paura.
L’Aquila dello sport in questi quattro anni ha reagito e vinto.
È stato un successo della vita. È riduttivo soffermarsi sul mero agonismo.
Coraggio, riscatto, sfogo e aggregazione, sullo sfondo un terremoto barbaro che non ha distrutto il senso di rivalsa in nome dei colori che, quando hai perso la bussola, richiamano il tuo senso di appartenenza. Semplicemente L’Aquila.
Non farò nomi di discipline e società, non si tratta di un bilancio su almanacchi e titoli. C’è chi ha scelto di tornare in campo con il lutto nel cuore, chi si è fermato per poi ripartire. Questioni di punti di vista.
Restano scudetti cuciti, campionati vinti e titoli storici portati a casa capaci di restituire sorrisi sinceri in momenti amari. Il professionista ha sentito il peso del ruolo, il dilettante ha dato tutto. Alcune società sono nate per ricreare un qualcosa su cui collaborare, sorridere, darsi appuntamento. Con il sintetico si è riusciti a gestire il sovraffollamento post-sisma, che restituisce speranze e qualche ora di spensieratezza.
I riflettori dell’immediato dopo terremoto hanno costituito vetrine, opportunità, strumentalizzazioni, non siamo ipocriti. Donazioni, amicizie, risorse insperate, gemellaggi. Il capoluogo d’Abruzzo senza avvalersi del peso federale è stata meta della nazionale di calcio e della nazionale di rugby. Eventi.
Sono stati quattro anni di sport, nell’accezione del post-terremoto, intensi. Delle tante immagini restituite a chi, per amore della vita, ha continuato a lavorare per raccontare anche la cocciutaggine aquilana, la famigerata ‘ignoranza’ sportiva, c’è un’immagine che si è sovrapposta alle altre.
Fonte dell’Olmo di Roseto, 17 maggio 2009: il popolo neroverde senza casa e senza città si ritrovava attorno alla propria squadra di rugby. Accompagnato dalla protezione civile, che distribuiva l’acqua, ha assistito alla partita, il pretesto, sottoscrivendo inconsciamente l’appartenenza e condividendo lo striscione ‘Con L’Aquila più alto e più oltre’.
Concludo così, ricordando il dolore per Ciccio e per le altre vittime che da lassù approverebbero il riscatto per la vita. Un oltre dovuto, senza però dimenticare.
Teniamo alti i nostri colori: battiamoci, urliamo, piangiamo anche di gioia.
Non perdiamo a tavolino la nostra vita, ma giochiamocela sul campo.
Forza L’Aquila!