
di Eleonora Ferroni e Tiziana Pasetti
Si definisce una «senatrice pendolare», ma è anche l’ex presidente della Provincia dell’Aquila, e assessore del Comune. È una politica, amata e criticata in città. È stata fotografata con i grandi della Terra nei giorni successivi al sisma e ha partecipato alle riunioni in cui si decideva il futuro dell’Aquila, il futuro di una città sanguinante, ancora ferita dopo quattro anni.
È una donna. È un mamma. È un’aquilana che ha sfilato in mezzo alle altre 12mila fiaccole. Si è fermata e si è commossa davanti ai luoghi che una volta ospitavano la vita e che oggi custodiscono solo lacrime, ricordi e dolore. È Stafania Pezzopane.
Stefania, la donna, l’aquilana, la bambina, la ragazza che ha vissuto a L’Aquila. Al netto dei suoi tanti ruoli istituzionali, cosa prova nel vedere la sua città, a quattro anni dal sisma, in questo stato? Cosa prova a vedere quello che è stato fatto e non fatto, le ossa scoperte?
È evidente che provo sgomento a pensare alla città dopo quattro anni e vederla ancora così. È una città in cui ho vissuto da quando sono nata e dove voglio continuare a vivere. Via XX settembre era una strada dove si veniva a fare degli acquisti. Piazza Duomo era il luogo del mercato, del ritrovo. Attraverso questi luoghi con spirito mesto, sapendo che non riavremo i nostri luoghi presto, perché mancano ancora tanti anni. Tutto ciò mi mette addosso un senso di spaesamento, d’inappropriatezza e allo stesso tempo di nostalgia. Poi ti guardi intorno e pensi che avevi degli amici e delle amiche che abitavano in queste case che sono crollate. È un altalenarsi di sentimenti. Io amo molto la mia città. Il desiderio è quello di ricostruirla, di vederla attiva, positiva, anche divertente.
Si dicono tante cose quando si parla di un politico, ma poi si può andare oltre. Stefania è una mamma che ha deciso di far vivere qui sua figlia. Questa è una dimostrazione reale di una speranza, ma anche di una forte responsabilità
Io spero che mia figlia assecondi questo mio desiderio di rimanere qui. Lei è molto attaccata alla città. Per me è stato un momento importante quando ha cominciato a frequentare il centro storico con le sue amiche di 14 anni. E lei ha sfilato con loro alla fiaccolata, lo ha scelto da sola, consapevolmente. “Mamma, questa sera, io vado alla fiaccolata”, mi ha detto.
Lei aveva dieci anni quella notte. L’ho portata subito via. Molte cose non le ha percepite, quindi considero questo come un gesto di grande maturità.
I nostri ragazzi sono molto spaesati, ma sono anche molto più maturi rispetto ad altri ragazzi della loro età, perché hanno vissuto un durissimo “rito d’iniziazione” verso la maturità. Alcuni soffrono molto, altri soffrono e riescono a tenerlo nascosto. Io mi auguro che lei rimanga qui e che abbia la forza di combattere per una città bella, ricca.
Riesce a gestire tutti gli attacchi che le arrivano proprio perché ricopre questa carica politica così importante? Riesce a sentire l’affetto dei concittadini?
Sì, assolutamente. Molto spesso c’è la cattiveria, la malignità, però è un’inezia rispetto al conforto, all’affetto che ogni giorno mi confermano le persone. Questo non solo attraverso il voto, ma anche col sorriso, con l’incoraggiamento, con la frase scritta su Facebook. Naturalmente non tutti, molti sono avversari, ma c’è molta gente che mi dà fiducia. Io cerco di ripagarli.
Stefania, diventerà vecchia in questa città?
Non vorrei diventare vecchia, ma sta accadendo. Ma sì. Rimango qui. Ora faccio la senatrice pendolare: tutti mi dicono “rimani lì” [a Roma, ndr]. Qualche volta sono rimasta, ma era una sofferenza estrema, perché questa città è un magnete pazzesco che mi attrae. Ogni giorno per me è importante per fare qualcosa, anche se poi torni a casa e non sei riuscita a fare qualcosa di utile. Sì, io voglio stare a L’Aquila.