Sono (ri)nato il 6 Aprile 2009

6 aprile 2013 | 08:53
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Sono (ri)nato il 6 Aprile 2009

di Giovanni Baiocchetti

Sono diventato maggiorenne il 6 Aprile 2011, ma sono diventato adulto il 6 Aprile 2009. Quattro anni fa, nel casino di quella maledetta notte, compivo 16 anni.

I ricordi sono tanti e passano per la mia mente ogni giorno; se dovessi citarli tutti, potrei scrivere un libro, per cui scelgo di soffermarmi solamente su un particolare che avevo dimenticato, di cui ho avuto memoria qualche giorno fa: per diversi giorni da quella data, non riuscivo a credere (o forse non volevo credere) che la mia vita sarebbe inesorabilmente cambiata.

Qualche ora dopo esser scappato di casa in pigiama, aver visto intere case a terra, aver appreso la notizia della morte dei miei vicini, padre e figlia, per il crollo del solaio, chiedevo ai miei genitori di poter rientrare dentro casa per prendere lo zaino, già pronto dalla sera prima per andare a scuola; chiedevo a mia nonna se il giorno di Pasqua (la domenica successiva) saremmo comunque andati a casa sua, come ogni anno, per il pranzo coi parenti; chiedevo ai miei genitori e amici se avessi ancora potuto, magari con qualche giorno di ritardo, festeggiare il mio compleanno.

Effettivamente sono riuscito a festeggiarlo con qualche giorno di ritardo, ma al mare, in un bungalow, con tre amici d’infanzia, che come regalo hanno cucinato per me pasta al sugo di tonno, cotoletta, patatine fritte e insalata, uno splendido regalo in una serata caratterizzata da sconforto, speranza, smarrimento e nervosismo, un regalo che avrei voluto condividere anche con persone che non c’erano più.

Ho dovuto, volente o nolente, “accettare” una serie di cambiamenti e di tragedie, in primis la morte della mia intima amica e compagna di classe Maria Paola, a cui tuttora rivolgo il mio pensiero ogni giorno. Ho dovuto, perché ormai era successo, e non si può tornare indietro.

Quello che invece non accetto, oggi, è la morte della mia città. Il mio amore per L’Aquila è stato ed è ancora fortissimo, spesso non trovo parole per descriverlo. Forse avendo vissuto fino all’età di sette anni in un grande centro come Milano, sono riuscito ad apprezzare ancora di più la vita di una città di montagna tranquilla ma al tempo stesso molto vivace come L’Aquila, ricca di storia, di arte, di attività culturali, di musica, di giovani e questa gente, la mia gente, forte, gentile, cordiale, semplice, colta, ironica, testarda e orgogliosa.

L’Aquila, che combatte ogni giorno per rinascere, per ridar vita al suo centro storico; i suoi cittadini, stanchi e avviliti, che combattono ogni giorno contro la burocrazia italiana per avere di nuovo una casa.

Oggi, i riflettori dell’Italia sono puntati sulla città ferita; oggi, molti italiani rivolgeranno un pensiero agli aquilani. Domani, saremo di nuovo soli coi nostri problemi e la nostra speranza.

Ci ritroveremo a passeggiare ancora nelle vie deserte e puntellate di una delle venti città d’arte d’Italia. Avremo ancora tra noi un parente gravemente malato che ancora non possiamo curare.

La vita frenetica del 2000 lascia poco spazio alle riflessioni e ai ricordi. La questione aquilana non è solamente un interesse nostro ma dell’umanità, che non può perdere un patrimonio importante come questo.

Se un genitore (l’Italia) ha tanti figli (tante città) e uno di questi è malato, lo lascia morire? Il 6 Aprile, da noi, non è ancora un ricordo, ma la realtà quotidiana.

Quando stasera spegnerò venti candeline sulla torta, esprimerò un desiderio: rivedere L’Aquila come l’ho conosciuta.