Quando il capo chiede l’amicizia su Facebook

8 aprile 2013 | 11:44
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Quando il capo chiede l’amicizia su Facebook

L’avvento dei [i]social network[/i] ha, di fatto, modificato le relazioni tra le persone. Sempre più sono gli eventi, privati e non, che vengono condivisi ed organizzati su Facebook, Twitter, altri social o blog personali.

La conseguenza di questa interazione on line è stata quella di convogliare nello stesso calderone vita professionale e vita privata. Sempre più spesso infatti i dirigenti aggiungono i loro dipendenti nella loro cerchia di amici sui profili social, con conseguenze sulla web reputation, sia per il manager che per i dipendenti.

In America, attraverso un sondaggio della società [i]Liberty Mutual’s Responsibility Project[/i], il 56% dei dipendenti intervistati ha espresso il suo parere negativo verso queste “liaison virtuali” tra capo e lavoratore. Stesso discorso anche per i manager, che per il 60% è contrario.

Ma come fare se l’amicizia su Facebook è già stata accettata?

Una delle buone regole per questo tipo di situazioni è quella di usare il proprio profilo come strumento di lavoro, evitando quindi foto, titoli o commenti di tipo privato.

Oppure si può optare per la restrizione della visibilità della propria pagina, secondo le regole della privacy istituite direttamente dai social network.

Infine si può decidere per la cancellazione del proprio capo dalle nostre amicizie, ma solo se di comune accordo.

Per evitare qualsiasi tipo di situazione spiacevole, in California è stata varata una legge che vieta, a dirigenti o anche professori e presidi, di poter visionare i profili social di dipendenti o studenti. Il [i]Social Media Privacy Act[/i], è una legge che tutela la privacy e l’identità di ogni singola persona, verso inserzionisti del web, agenzie interinali, capi o professori.

Considerata una delle norme più importanti degli ultimi tempi varata negli Usa, questa disposizione proibisce ad aziende e scuole, sia di visionare i profili degli utenti per scoprire qualcosa in più sulle loro vite, sia di richiedere tassativamente il rilascio delle chiavi di accesso alle proprie pagine. In particolare questo accadeva soprattutto nei confronti di studenti che effettuavano la prima iscrizione alle scuole.

Regolamentazioni simili sono state applicate anche in altri cinque stati americani. In Italia invece la situazione non è ancora totalmente tutelata: «Lo Statuto dei lavoratori vieta l’uso di apparecchiature per il controllo a distanza dei lavoratori, una norma in cui dovrebbe ricadere anche la questione del controllo dei profili social» commenta l’avvocato Francesco Paolo Micozzi.

[i]Fonte: Espertilavoroecarriera.it[/i]