
Non sbagliava William Shakespeare quando, in Amleto, faceva dire ad Ofelia ‘[i]ecco del rosmarino, questo è per la rimembranza..[/i]’. Lo ricorda [i]The Telegraph[/i] che, insieme a molti altri quotidiani inglesi riporta con grande risalto una ricerca condotta dall’unità di neuroscienze cognitive umane della University of Northumbria di Newcastle, in Inghilterra.
Gli studiosi hanno sottoposto 66 soggetti sani a test di memoria svolti in stanze profumate con olio di rosmarino oppure no. Chi aveva eseguito i test nelle camere aromatizzate ha dato migliori e più pronte risposte rispetto a chi ha partecipato stando invece nelle stanze prive di odore.
Nell’ambito della ricerca, spiegata oggi in una nota dell’università britannica e presentata alla conferenza annuale della [i]British Psychological Society [/i]in corso ad Harrogate, sono state utilizzate soltanto [i]4 gocce di olio di rosmarino[/i], diffuse nell’ambiente prima dell’ingresso dei volontari nella stanza.
«Avevamo già studiato le capacità dell’aroma di rosmarino nel rafforzare la memoria a lungo termine, ora abbiamo voluto analizzare le capacità di memoria prospettica, cioè di progetto o di impegno; la memoria che ci induce a ricordare compiti futuri, come ad esempio dover spedire una cartolina di auguri o prendere dei farmaci ad orari stabiliti», ha a spiegato Mark Moss, che ha diretto la ricerca.
«Abbiamo anche sottoposto i volontari alle analisi del sangue – ha aggiunto il ricercatore – e scoperto che i soggetti che avevano fatto i test nelle stanze profumate avevano più elevate quantità di un composto, l’1,8 cineolo, nel sangue. Il composto è presente fra i componenti dell’olio essenziale di rosmarino e agisce sui sistemi biochimici che sono alla base della memoria, questo ci fa anche dedurre che l’influenza dell’aroma sia mediata farmacologicamente».