
di Giovanni Baiocchetti
La crisi imperversa e attanaglia gli italiani. [i]Talk show[/i] e dibattiti si incentrano sempre più sul crescente malcontento popolare. Intanto i neo eletti parlamentari della XVII Legislatura hanno ricevuto la prima busta paga del loro nuovo mandato, che afferendo ad un mese e mezzo di lavoro sembra essere cospicua ed abbondante.
Sembrerebbe che alcuni rappresentanti del M5S, colpiti dall’ingente somma di denaro del primo ‘stipendio’, vogliano sottrarsi dall’impegno preso con i cittadini di ridurre il loro compenso.
Nella bufera di tutti questi tweet, abbiamo svolto una ricerca sui privilegi e sulle buste paga dei nostri parlamentari, rilevando con enorme sconcerto che un deputato guadagna in due mesi quello che un impiegato medio, assunto al terzo livello del Ccnl Commercio per esempio, guadagna in un anno intero di lavoro.
La paga base viene arricchita dalle indennità, che per la maggior parte non devono essere nemmeno dettagliate da un giustificativo.
Per capire quanto guadagna un parlamentare italiano bisogna tener presente una serie di fattori, a cominciare dalla semplice indennità parlamentare, che possiamo definire lo “stipendio” di deputati e senatori. L’importo netto dell’indennità parlamentare è pari a 5.246,54 euro, a cui devono poi essere sottratte le addizionali regionali e comunali, arrivando così ad un importo netto mensile pari a circa 5.000 euro. Tale misura netta è determinata sulla base dell’importo lordo di 10.435,00 euro, sul quale sono effettuate le dovute ritenute previdenziali (pensione e assegno di fine mandato), assistenziali (assistenza sanitaria integrativa) e fiscali (Irpef e addizionali regionali e comunali).
Al conteggio netto va aggiunta una diaria, rimborso per le spese di soggiorno a Roma, pari a 3.503,11 euro mensili, da cui sono previste decurtazioni di 200 euro in caso di assenza dalle sedute dell’Assemblea in cui si svolgono votazioni con il procedimento elettronico. A ciò bisogna aggiungere: spese per l’esercizio del mandato (3.690 euro), spese di trasporto e spese di viaggio (da 3.323,70 a 3.995,10 euro ogni tre mesi oltre a tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale), spese telefoniche (3.098,74 euro annui), assistenza sanitaria (526,66 euro mensili), assegno di fine mandato (il deputato versa mensilmente, in un apposito fondo, una quota della propria indennità lorda, pari a 784,14 euro. Al termine del mandato parlamentare, il deputato riceve l’assegno di fine mandato, che è pari all’80 per cento dell’importo mensile lordo dell’indennità, per ogni anno di mandato effettivo) e pensione (i deputati cessati dal mandato, indipendentemente dall’inizio del mandato medesimo, conseguono il diritto alla pensione al compimento dei 65 anni di età e a seguito dell’esercizio del mandato parlamentare per almeno 5 anni effettivi). La maggior parte di queste spese devono essere attestate fino a un massimo del 50%; l’altra metà non ha bisogno di essere attestata.
Ma quanto impegno richiede un guadagno del genere? Da un’indagine condotta nel 2012 dall’associazione Openpolis si è lavorato 80 giorni l’anno alla Camera dei deputati e 50 al Senato.
Secondo i dati del 2012, un parlamentare italiano guadagna complessivamente (al mese) ben 16.000 euro lordi, contro i 13.500 di un francese, i 12.600 di un tedesco, i 10.000 di un olandese, i 9.200 di un belga, i 8.650 di un austriaco e di 4.630 di uno spagnolo.
Dalla ricerca effettuata da Ilcapoluogo.it, traspare una certa difficoltà nel reperire questi dati, indice della distanza siderale esistente tra cittadino ed istituzioni. Nel frattempo, la crisi economica accentua la rabbia degli italiani nei confronti delle spese ancora eccessive del governo in questo senso. Il neo-premier Letta ha intercettato questo malcontento promuovendo nel suo discorso di insediamento sia il taglio degli stipendi dei membri dei governo che la ridefinizione – ma non l’abolizione – del finanziamento pubblico ai partiti.
In un momento di grave crisi economica come questo, in cui aumenta il divario tra le classi sociali italiane, il mondo politico dovrebbe dare un segnale forte per porre fine a tutti questi privilegi.