
di Raffaele Accili*
Da qualche tempo capita sempre più spesso di assistere, lungo le strade e nei parchi e giardini, a vere e proprie capitozzature di alberi.
Nonostante siano trascorsi più di 25 anni da quando Alex Shigo ha enunciato i principi fondamentali della moderna arboricoltura, ormai universalmente riconosciuti ed accettati da tutti gli addetti ai lavori, si continua in questa tecnica di potatura scellerata e assolutamente pericolosa per la futura sopravvivenza della pianta.
La capitozzatura, ossia il taglio indiscriminato di branche e rami principali, contrariamente a quanto molti ancora ritengono, non solo non riduce la potenziale pericolosità dell’albero ma, paradossalmente, rende la pianta ancor più pericolosa.
Questo tipo di taglio lascia infatti il tronco e le branche principali più vulnerabili a marciumi e attacchi parassitari; i nuovi rami, che avranno origine da gemme ibernanti o avventizie, saranno generalmente più deboli.
L’albero perde il suo portamento naturale e quindi la sua funzione ornamentale, vengono compromesse le sue funzioni vitali e finisce con il deperire anzitempo.
Non è un caso se molti Regolamenti Comunali per il Verde vietano la capitozzatura degli alberi.
Quindi per ridurre l’altezza di un albero o quando lo stesso è diventato troppo ingombrante in relazione al sito in cui è stato (erroneamente) posto a dimora è buona norma ricorrere alla potatura con la tecnica del “taglio di ritorno” come ben sa ogni bravo giardiniere.
[i]*Consulente Ambientale-Agronomo[/i]