
Il consumo di cannabis diminuisce tra la popolazione generale mentre dà segni di aumento, anche se ancora contenuto, tra gli adolescenti tra i 15 ed i 19 anni. E’ il [i]trend[/i], differenziato per adulti e giovani, che emerge dai dati preliminari del rapporto 2013 sullo stato delle tossicodipendenze in Italia, curato dal dipartimento delle politiche antidroga della presidenza del Consiglio dei ministri.
I numeri sono stati anticipati dal capo dipartimento Giovanni Serpelloni durante il 69esimo congresso della Società italiana di pediatria in corso fino a domani a Bologna. «Non possiamo certamente abbassare la guardia che peraltro abbiamo tenuto sempre ben attiva – avverte Serpelloni – e non possiamo condividere l’opinione di chi afferma che la cannabis è una sostanza innocua o addirittura salutare».
Dall’indagine campione (45mila studenti) risulta che il 21.43% ha fatto uso almeno una volta di cannabis negli ultimi dodici mesi, con una crescita di due punti percentuali (19.14% nel 2012) rispetto all’anno precedente. Al contrario, tra la popolazione nazionale (15-64 anni), il fenomeno è in calo (sulla linea di altre droghe come cocaina ed eroina) come dimostrano meglio i dati sulla concentrazione di sostanza nelle acque reflue rilevata presso 18 centri urbani. «Gli adolescenti – spiega Serpelloni – hanno diminuito la percezione del rischio di pericolosità di questa sostanza e di conseguenza aumenta l’uso. Invece, attualmente è molto più nociva rispetto al passato perchè le piante geneticamente modificate hanno raggiunto un principio attivo, thc, pari al 46%».
La variabile più importante però nel condizionare i comportamenti degli adolescenti è il grado disapprovazione sociale trasmesso ai giovani da famiglie, scuole, Stato e coetanei: «Se questo diminuisce – spiega – aumenta il consumo».
L’uso di cannabis negli adolescenti «può compromettere la normale maturazione cerebrale». E i rischi sono molteplici: «sindromi demotivazionali -osserva l’esperto – slatentizzazione di psicosi, effetti sul coordinamento psicomotorio con probabilità maggiore di incidenti stradali».
Per Serpelloni, comunque, il problema principale da risolvere per i minori, nell’uso di sostanze stupefacenti, è «il periodo di latenza», tra la prima assunzione e la richiesta di aiuto ai servizi, calcolato tra i cinque e gli otto anni. Per evitare una deriva verso forme e evolutive di dipendenza assume, dunque, un’importanza fondamentale la diagnosi precoce (“early detection”) che si concentra anche sull’individuazione precoce dei minori cosiddetti ‘vulnerabili’, ad esempio, con disturbi comportamentali, iperattivi o con deficit di attenzione.
Se, come spiega il medico, la «prima causa di morte tra i 15 e i 19 anni deriva dall’uso di droghe e alcol e dagli incidenti stradali correlati» la prevenzione diventa la strada maestra da seguire. «Occorre – osserva Serpelloni – partire dalle future mamme. Se le donne durante la gravidanza fumano cannabis, il neonato avrà un rischio otto volte maggiore di sviluppare una forma di dipendenza in età adolescenziale».