Cialente: «Vogliono che mi prenda un colpo»

10 maggio 2013 | 15:20
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Cialente: «Vogliono che mi prenda un colpo»

di Antonella Calcagni

«Il governo ha dichiarato guerra all’Aquila. Ci ha invaso come fece Hitler con la Polonia – ha esordito il sindaco – Ho parlato con il vice ministro Filippo Bubbico, e con il sottosegretario Legnini». Lo scontro istituzionale è ancora più evidente dopo che il consiglio comunale, nella tarda serata di giovedì, ha respinto un ordine del giorno della minoranza che impegnava il primo cittadino a rimettere le bandiere.

Il primo cittadino alza il tiro pretendendo che il miliardo per L’Aquila venga inserito in un decreto che sarà varato domenica nel quale figurano le risorse per la Cig e Imu. «Se ciò fosse – dice – quella della conversione del decreto sarebbe la strada più lunga. Domani sarà il banco di prova. Stamattina (ieri) scriverò al presidente del consiglio Letta e Saccomanni. Se non saremo inseriti nel decreto magari rioccuperemo palazzo Margherita. Dovremo tornare a Roma con le bandiere nero verdi, ci ritroveremo in un flah mob in una delle piazze del potere».

«Temo che me la faranno pagare – continua – Se mi venisse un colpo in molti sarebbero contenti. L’atto del prefetto è un detonatore in un deposito di polvere da sparo».

Secondo indiscrezioni il sindaco avrebbe perfino chiesto la rimozione del prefetto Alecci in occasione del summit romano, anche se il primo cittadino smentisce. Per Cialente quello del Prefetto è stato un atto politico ispirato dal Governo; non un atto normativo.

«Volendo potremmo perfino impugnare il decreto», dice.
Quella del governo è stata una risposta politica, per Cialente, come dire: rimuoviamo il sindaco e sciogliamo il consiglio comunale. «Il fatto che il governo non ha preso le distanze dal prefetto per Cialente è come dire o la smettete o vi sciogliamo. Il consiglio prende atto di una dichiarazione di guerra fortissima del governo a tutto il consiglio comunale. La protesta si è inasprita di fronte a un atto di una inusuale violenza istituzionale. Noi ieri avremmo rimesso la bandiera perché il governo aveva chiesto comprensione per il fatto di essere appena arrivato, ma ora non più. Sfidiamo il governo a sciogliere il consiglio comunale dell’Aquila».

Per l’assessore Di Stefano rimuovere il sindaco non significa rimuovere il problema L’Aquila. Le cifre per Di Stefano parlano da sole, c’è quasi un miliardo di arretrato. «Ci dissero: se non fate il piano di ricostruzione non avrete i soldi, invece non è stato così. C’è quasi un miliardo di arretrato. Se ci danno il primo pacchetto di cassa impegniamo tutto. Si rischia la rivolta popolare. Che dobbiamo fare? Dichiarare guerra all’America?». Per di Stefano, Barca non ci ha preso in giro, tuttavia ha sbagliato a dire che non si parla più della cassa depositi e prestiti. Barca fece la battaglia insieme a noi. Non volle Grilli e gli altri burocrati del ministero, la colpa fu anche di Gianni Chiodi che rimandò indietro mezzo miliardo di Euro. La situazione delle pratiche; ci sono 2.700 pratiche per 720 milioni pronte per il contributo, 2.300 da trasferire all’ufficio speciale per un miliardo e cento milioni.