Bullismo, doping e defibrillatori

12 maggio 2013 | 09:17
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Bullismo, doping e defibrillatori

di Roberta Galeotti

Le attività sociali del Panathlon, il più delle volte, passano inosservate a livello locale, ma, grazie a Dio, non sfuggono all’attenzione dei livelli più alti dello Stato, del Governo, dei ministeri e degli organi nazionali interessati alla materie trattate.

Prendiamo spunto dall’ultima manifestazione organizzata dall’Osservatorio nazionale bullismo e doping in collaborazione con l’ufficio scolastico regionale e L’Aquila Calcio. Una bellissima conferenza, gestita da due atleti italiani di livello mondiale e degna della massima attenzione, tanto è vero che l’aula magna del liceo classico Cotugno ha contenuto a fatica studenti e insegnanti delle scuole cittadine. Mai, come in questa occasione, i ragazzi sono stati composti e attenti alle tematiche trattate dai relatori in merito al doping e al bullismo.

Da diversi anni gli enti sportivi, con a capo il Coni, hanno cercato di svolgere ruoli e funzioni atte a combattere e a debellare i fenomeni del bullismo e del doping che minano costantemente la stabilità fisica e gli equilibri sociali dei giovani. Non per rendere giustizia, ma solo per dare doverosamente atto al Panathlon aquilano, dobbiamo dire che troviamo le tracce indelebili dell’impegno del club in tale direzione fin dal 2008. In quell’anno – con la collaborazione di una docente e una psicologa della facoltà di Scienze motorie, dell’Aquila Rugby e del Panathlon – fu organizzato un incontro con gli alunni di una scuola media cittadina per trattare lo specifico argomento di grande attualità “Combattere il bullismo attraverso lo sport”. Prese parte all’iniziativa, con molta diffidenza, la componente femminile della Cri, convinta che in città non esistesse il fenomeno del bullismo. I test psicologici ai quali furono sottoposti sotto forma di gioco i ragazzi fecero venire a galla chiari atteggiamenti di bullismo, evidenziabili facilmente solo alla competenza degli esperti.

Nella seconda giornata, dedicata all’incontro con i campioni del rugby aquilano e nazionale, i “bulletti” caddero nella trappola del gioco di squadra collettivo, nel quale le capacità individuali vanno poste esclusivamente a servizio della collettività se si vuole raggiungere lo scopo: l’efficacia del gioco e l’agognata “meta”. Nel confronto il “bullo” restò isolato. Stava per abbandonare il terreno di gioco per un evidente stato di vergogna. I compagni di gioco, invece, non lo isolarono. Con spirito veramente sportivo lo coinvolsero nella mischia, invitandolo a dare il massimo. Il risultato fu sorprendente. Il “bullo” divenne l’elemento più disponibile alla collaborazione e al rispetto delle regole. I ringraziamenti dell’allora preside furono veramente sentiti, perché proprio quei “bulletti” divennero gli araldi del rispetto verso la scuola, gli insegnanti e, quel che conta di più, verso i compagni più deboli.

Non è vero, come qualcuno potrebbe essere portato a credere, che il Panathlon rappresenti il “cimitero degli elefanti” dei vecchi e degli ex sportivi. Rappresenta, invece, una palestra di vita che opera costantemente a favore dello sport, dei giovani, del rispetto delle regole, della corretta alimentazione, della divulgazione capillare delle attività sportive, combattendo con ogni mezzo l’impiego di sostanze dopanti. Allo scopo di denunciare pubblicamente i devastanti danni del doping, il Panathlon ha organizzato delle conferenze per combattere il crescente fenomeno. Ricordiamo che uno di questi incontri si chiuse con una riflessione, una profonda considerazione, che ha fatto il giro di tutti gli ambienti sportivi: «Nelle gare sportive – affermò il presidente del Club – preferirei essere l’ultimo dei migliori e non il primo dei peggiori». La seconda parte della frase era riferita chiaramente a coloro che fanno uso del doping per arrivare primi. È vero che in questo modo si arriva primi; è altrettanto vero, però, che si arriva per primi alla fine dei nostri giorni e anche in condizioni di disumana sofferenza. Ai ragazzi, ai giovani, agli atleti non ci stancheremo mai di suggerire il totale abbandono delle sostanze dopanti per dedicarsi, anima e corpo, alle corroboranti attività politiche nella piena bellezza delle espressioni della vita.

L’attività del Panathlon non si è fermata qui. È andata oltre. Ha preso in seria considerazione la presenza e il corretto uso dei defibrillatori in tutti gli ambienti sportivi. Ha chiamato a raccolta primari e specialisti della Asl, addetti al servizio del 118, per illustrare, con estrema semplicità, il corretto uso del defibrillatore, la cui presenza sul terreno di gioco può concorrere, anche attraverso la tempestività d’impiego, a salvare giovani vite umane. L’attività del Club ha sollecitato l’attenzione degli addetti ai lavori e di diversi parlamentari che seguono da vicino l’attività dell’associazione aquilana. Infatti, prima dell’insediamento del nuovo Governo, i ministri Balduzzi e Gnudi hanno firmato il decreto che obbliga le società sportive professionistiche e dilettantistiche a dotarsi di defibrillatori semiautomatici. L’obbligo scatta per tutti ad eccezione delle società dilettantistiche che svolgono attività di ridotto impegno cardiocircolatorio.

Dalle notizie in nostro possesso, sappiamo che il Panathlon sta cercando un intenso confronto con il professor Passacantando, coordinatore di educazione fisica, e con il direttore dell’Ufficio scolastico regionale per cercare la strada giusta per introdurre, in via sperimentale, il Rugby nelle discipline sportive scolastiche, quale veicolo di importanza basilare per l’educazione dei giovani al rispetto dell’avversario e delle regole di gioco. Un particolare ringraziamento per il meritorio impegno e per la costante attività svolta a favore dei giovani va al Coni, all’Osservatorio nazionale bullismo e doping, all’Ufficio scolastico regionale, a L’Aquila Calcio e al Panathlon Club L’Aquila.