Macerie aquilane in mostra a Venezia

12 maggio 2013 | 11:11
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Macerie aquilane in mostra a Venezia

Sarà inaugurata domani, lunedì 13 maggio alle ore 17, alla Scoletta dei Calegheri di Venezia la mostra itinerante di pittura ‘Universo In Ri/Costruzione‘ dell’artista iraniano Rezakhan, dedicata alla città terremotata dell’Aquila.

La mostra resterà aperta fino al 20 maggio ed è stata promossa e organizzata dall’associazione culturale “[i]22 secondi[/i]” e dall’associazione culturale veneziana “I[i]l Filo dell’orizzonte[/i]”, con la consulenza museale di Angelus Novus, il patrocionio dei Comuni di Venezia e L’Aquila e il concorso della vetreria di Murano.

Diretta da Cristina Sfriso, la mostra è supportata da un bel catalogo della casa editrice romana DEd’A recante la riproduzione di tutte le opere in mostra.

Scrive tra l’altro in catalogo in critico Antonio Gasbarrini nel suo testo ‘[i]22 più 2 opere dedicate al terremoto aquilano del 6 aprile 2009[/i]’: «Il titolo di questa mostra personale dell’artista iraniano Rezakhan a Venezia, ne riecheggia un altro pressoché identico: [i]Universo in costruzione[/i]. Utilizzato nel 1991 nel testo di presentazione di una delle sue prime uscite espositive nell’aquilana Officina di Claudio Del Romano. Qui Rezakhan ha collaborato, come grafico, con uno dei più insigni figli dell’arte tipografica italiana (Claudio Del Romano, appunto, scomparso quasi novantenne alcuni giorni fa). Tra quel “remoto”, remotissimo 1991 in cui aleggiava tutta la poetica aniconica di matrice islamica del giovane artista trapiantato nella città federiciana, e quei terribili, sobbalzanti secondi delle 3.32 del 6 aprile 2009, c’è un incolmabile iato: della memoria, innanzitutto. “Di e in” una città distrutta dal sisma prima ed assassinata una seconda volta poi, dalle repellenti campagne propagandistiche mediatiche dell’innominabile sig. b. e dalla concomitante inettitudine delle istituzioni (degne solo d’una minuscolissima i).

Dopo ben quattro giri della terra intorno al sole, il centro storico de “[i]L’Aquila magnifica citade[/i]”, così la designava a metà del Trecento il cantore epico Buccio di Ranallo nella sua Cronica, somiglia sempre più a Pompei, con le sue desolanti rovine impalate, con le sue zone rosse (di vergogna), con i militari che ancora presidiano questo o quel varco interdetto, con i 14.000 diasporizzati cittadini aquilani tuttora rinchiusi entropicamente nei 19 agglomerati (cosiddette [i]new town[/i]) senza più un’accettabile identità civica».