Il comune sbaglia …e io pago!

17 maggio 2013 | 21:38
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Il comune sbaglia …e io pago!

di Fulgo Graziosi

Ci eravamo già occupati delle annose e intricate vicende comunali per la riscossione di imposte e tributi scaduti da oltre un decennio e, perciò, non recuperabili. Ci eravamo interessati anche di notifiche di atti per la riscossione di imposte comunali regolarmente pagate dai cittadini a tempo debito. Avevamo fatto rilevare, oltretutto, che la Dirigenza comunale aveva ignorato di proposito delle sentenze emesse dalla Corte di Cassazione in materia di ICI per quelle abitazioni che, pur essendo distintamente intestate ai due coniugi ma utilizzate dall’unico nucleo familiare, non erano assoggettabili al regime ICI come due entità separate.

Un contribuente in regola con i conti del Comune si è visto recapitare un avviso di accertamento in rettifica, riguardante l’ICI per gli esercizi 2000 – 2001. L’avviso è stato notificato nella seconda decade del mese di marzo 2013, a distanza di ben dodici anni, ignorando i contenuti della sentenza innanzi richiamata. L’aspetto ancora più grave è costituito dall’avvenuta prescrizione del presunto credito dell’Amministrazione comunale. Prescrizione non riconosciuta dai responsabili del settore, malgrado i vani tentativi del contribuente di richiamare l’attenzione sul dispositivo della sentenza della Corte di Cassazione depositata in occasione dell’accertamento ICI dell’anno 2000. La somma richiesta con l’avviso 2013 è risultata pari ad un importo sensibilmente maggiore della somma presuntivamente dovuta.

Il contribuente impugna nei termini l’avviso di accertamento in rettifica presso la competente Commissione Tributaria Provinciale. Contesta il predetto avviso in quanto illegittimo per decadenza dei termini per l’esercizio della potestà impositiva da parte dell’Ufficio. Denuncia l’intempestività dei provvedimenti sia per quanto attiene all’accertamento in rettifica, sia dello stesso provvedimento di rettifica, quando già il potere originario del Comune di liquidare i tributi per gli anni 2000 e 2001 era già abbondantemente decaduto.

Adesso viene il bello. Nella parte decisionale la Commissione Tributaria ha sancito il riportato concetto: «Sulla base di quanto documentato e considerata la fondatezza delle argomentazioni del ricorrente circa la intempestività dell’azione accertatrice dell’Ente locale, ritiene che il ricorso debba essere accolto e quindi vada annullato il provvedimento impugnato. La Commissione accoglie il ricorso e compensa le spese». Il bello qual è? La compensazione delle spese. Per cui il contribuente, pur avendo viste riconosciute le ragioni del ricorso; pur avendo messo in luce l’inefficienza, la disinvolta gestione di un Ufficio così delicato, pur avendo dovuto affrontare dei costi reali per il reperimento della documentazione a corredo del ricorso, pur avendo dovuto far fronte alle spese di consulenza per la redazione del ricorso, alla fine non vede infliggere l’onere delle spese all’Amministrazione che ha determinato tale situazione.

Forse, la Commissione Tributaria ha voluto graziare il Comune delle ingenti spese e delle perdite di tempo che la Dirigenza del settore ha impiegato per la richiesta di un tributo non dovuto e inesigibile, senza tener conto dei diritti del ricorrente. Magari, alla fine, i dipendenti del settore Tributi del Comune sono stati anche lautamente compensati con un premio di produttività scaturito dalle spese e non dagli incassi del Comune. Sorge spontanea una riflessione, è mai possibile che ai revisori legali dell’Amministrazione sfuggano queste onerose spese per le casse comunali?