
di Gioia Chiostri
Mercoledì 22 maggio, alle ore 18,00, nella corte interna della biblioteca ‘Melchiorre Dèlfico’ di Teramo, verrà presentato il volume d’esordio di Paola Di Nicola dal titolo ‘La giudice. Una donna in magistratura’, pubblicato nel 2012. Un racconto autobiografico, oltre che storia di una professione, quella del magistrato donna; a raccontarlo una novella scrittrice che ha alle spalle una carriera come giudice del Tribunale Penale di Roma.
«Gennaro voleva vincere a tutti i costi, facendo prevalere il mio essere donna e il suo essere uomo, sul mio essere giudice e lui ‘il mio detenuto’, come se questo avesse potuto fargli guadagnare la vittoria e quindi la libertà. Sentivo che il mio sguardo si stava per abbassare», il passo scelto, tratto dal libro, fa scalpore. Un’incisività, una schiettezza nella scrittura che cozza coll’essere donna, con il peso della mia collana di perle e della mia prepotente femminilità. Il volume riecheggia coraggio. Le parole pronunciano sfide che le donne, oramai, non hanno affatto paura di ingaggiare, di vincerle o di perderle.
L’opera ha rumoreggiato in un anno, il passato 2012, che vedeva su 8678 magistrati, le donne essere solo 4006: pari al 46% del totale. Con decreto dell’8 giugno 2012, hanno preso servizio 325 magistrati di cui 210 donne, pari al 65%. «La maggior parte di queste – racconta l’autrice – non sa che alle loro nonne, meno di cinquant’anni fa, era vietato anche solo aspirare a diventare magistrato della Repubblica italiana. Tra pochi anni queste pagine saranno solo preistoria sebbene oggi continuiamo a viverle. La rapidità degli eventi e della storia rischia di cancellare la memoria che, invece, dobbiamo tenere sempre accesa, come un faro».
Prenderà parte alla presentazione, oltre all’autrice, Valter Catarra, presidente della Provincia di Teramo, Anna Pompili, Consigliera di Parità, Laura Colica, Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Teramo e Giovanni Spinosa, Presidente del Tribunale di Teramo.
Pagine che testimoniano uno schiaffo alla società, la quale ancora cerca di imparare il significato dell’essere donna. Perché, come dice giustamente l’autrice, «noi donne siamo nelle stanze del primo piano e non in quelle dell’ultimo?».
Impariamo a essere orgogliose delle nostre vittorie. Impariamo a innalzare l’orgoglio femminile, gioiello di qualsivoglia realtà umana che si rispetti.