
di Gioia Chiostri
Anche gli agenti segreti, in America, avranno l’opportunità di divenire facebookiani. O twitteriani, se la tendenza vuole. I servizi segreti hanno sentenziato: sì al profilo personale, ma a determinate condizioni. L’avvento di internet, sicuramente, ha rivoluzionato il mestiere delle spie, facilitando la raccolta e la diffusione delle informazioni, ma l’orizzonte virtuale dei social network ha creato un dilemma amletico. Registrarsi o non registrarsi, questo è il problema.
Non c’è dubbio che facebook, twitter, linkedin e altri network fanno ormai parte della vita quotidiana di milioni di persone, e quindi rappresentino una fonte preziosa di notizie. Senza contare che al giorno d’oggi, se non si è in possesso di un profilo virtuale, si è praticamente etichettati come preistorici. L’agente segreto, dal canto suo, ha l’obbligo di far mostra di una vita emblema della più spudorata normalità: casa, famiglia, lavoro; tutto deve ruotare attorno alla mediocrità. Rientra in questo anonimato, anche l’avere un contatto facebook o twitter.
La Cia quindi ha deciso di dare via libera alle pagine facebook, o ai cinguettii su twitter, a patto che dagli agenti in questione, vengano seguite tutte le regole descritte in un manuale; un vero e proprio vademecum per lasciarsi spiare sui network, pur essendo una spia. Eccone alcune:
A) Bisogna mettere informazioni in rete, ma non troppe.
B)E’ lecito usare il proprio nome vero, anche perché cambiarlo dopo aver avuto per anni una certa identità online provocherebbe subito sospetti.
C)Si possono descrivere i viaggi personali, anche con fotografie, ma nulla deve accennare alle missioni di lavoro.
D)Non sono permessi i collegamenti o le amicizie con i colleghi, perché se un agente fosse scoperto questi link potrebbero consentire ai nemici di individuare anche gli altri uomini della Cia.
E)Se qualcuno aveva già delle connessioni con altre spie dovrebbe eliminarle, ma non subito e non tutte insieme, perché anche questo è un comportamento che potrebbe attirare l’attenzione dei servizi segreti rivali, sempre alla ricerca di piste da seguire.
I social media, insomma, sono diventati un nuovo terreno di confronto fra le spie, e quindi bisogna usare la stessa scaltrezza adottata nel mondo normale, dando sempre per scontato che qualcuno potrebbe seguirti anche per smascherarti.
Ma veniamo ai giorni nostri: l’eccezionalità che ha confermato ‘le regole’ è stato il caso di Ryan Fogle, arrestato nei giorni scorsi dai russi, accusato di essere un agente della Cia. Fogle aveva una pagina facebook su cui raccontava tutto ai suoi 243 amici: la visita in un bunker della guerra fredda a Mosca, una gita a Mont Saint-Michel in Francia, un viaggio a Cracovia in Polonia.
Aveva rivelato anche le date e l’itinerario del suo prossimo ritorno negli Usa, raccontando che avrebbe festeggiato il Memorial Day di fine maggio al ristorante Ray’s the Steaks d Arlington, in Virginia. Troppe informazioni vere o false? Questo il dilemma.