
di Fulgo Graziosi
Abbiamo cercato in tutti i modi di consigliare gli amministratori comunali di cambiare tattica, di usare più cervello, raziocinio, speditezza e diplomazia nel portare avanti una qualsiasi forma concreta e irrevocabile, capace di assicurare in tempi medio brevi la ricostruzione dell’Aquila e dei Comuni del cratere.
Abbiamo anche cercato di far passare il concetto del Comune Capoluogo di Regione capace di coordinare le legittime aspirazioni dei Comuni minori, in maniera da attrarre sul territorio la linfa economico finanziaria indispensabile per intraprendere qualsiasi forma di ricostruzione dei tessuti sociali, delle attività produttive e della ricostruzione vera e propria.
Non ci siamo riusciti. Siamo rimasti inascoltati ed ecco, dinanzi ai nostri occhi ancora increduli, i risultati della caparbietà: la bocciatura degli emendamenti che, in qualche modo, avrebbero dovuto salvare la Città e i Comuni del territorio sismico. Avevamo paventato questo insuccesso allorquando il Sindaco si era scagliato contro il provvedimento di revisione dell’Imu, a cui aveva imputato la mancata assegnazione del tormentato miliardo che avrebbe dovuto riportare da Roma con le carriole.
Abbiamo avuto la certezza dell’epilogo delle azioni svolte da qualche parlamentare abruzzese, in seno alle Commissioni governative, martedì scorso. Eravamo diretti in auto alla volta della Capitale sull’autostrada e non riuscivamo a collegarci con una utenza telefonica della Regione. Abbiamo provato e riprovato una decina di volte, ma la linea forniva sempre il segnale di occupato.
Dopo l’ennesimo tentativo, una sorpresa davvero inattesa. Siamo entrati in contatto per caso con l’utenza desiderata nel bel mezzo di una interessantissima conversazione istituzionale. Si parlava della ricostruzione dell’Aquila e non abbiamo potuto fare a meno di ascoltare. Un gruppo di esponenti politici regionali interloquiva con l’ex Ministro Barca. Abbiamo cercato di individuare i soggetti dal tono delle voci che, da diverso tempo, ci suonano quasi in maniera familiare per averle ascoltate centinaia di volte. Erano diverse persone presenti in una unica stanza e, con ogni beneficio, pensiamo di aver percepito la voce del Presidente della Regione e di alcuni consiglieri che, salvo errori, potrebbero essere Di Paolo, Giuliante, Ricciuti e, forse, De Matteis, ma non ne siamo sicuri. Non è stato possibile individuare altri elementi perché sono intervenuti raramente nella conversazione.
I giudizi dell’ex Ministro sono stati pesanti e dirompenti nei confronti della classe politica aquilana. Indisponibile al confronto serio e costruttivo. Dotata solamente di comprovata caparbietà. Poco incline ad una corretta analisi delle reali esigenze. Nel corso della delega governativa non è stato possibile riscontrare la chiarezza delle idee, la predisposizione ad una seria programmazione generale e a una pianificazione settoriale, per lotti funzionali, della ricostruzione della città. Completo scollamento con i Sindaci dei Comuni del cratere. Assunzione di dispotiche iniziative non condivise dagli Amministratori comunali interessati. Mancato coinvolgimento dell’intero consiglio comunale. Manifestazioni plateali che hanno prodotto effetti decisamente negativi all’interno del consesso governativo.
L’aver calpestato, infine, i simboli della Nazione, come la bandiera italiana, sulla quale tutti i rappresentanti delle Istituzioni pubbliche giurano fedeltà alla Patria e rispetto verso le regole di una corretta etica politica, ha definitivamente compromesso la credibilità dell’Aquila e degli aquilani. In parole povere, quella immagine di dignitoso comportamento degli aquilani nelle ore immediatamente successive al sisma, è stata inesorabilmente cancellata.
Nell’ambiente parlamentare, quando si parla dell’Aquila, i rappresentanti politici, a qualsiasi fede appartengano, girano le spalle e si defilano. Siamo rimasti allibiti da un discorso così duro pronunciato di getto, in una specie di soliloquio, nel corso del quale i rappresentanti regionali sono riusciti ad inserirsi a stento e solamente in qualche sporadica occasione, nel tentativo di mitigare l’irruenza dell’interlocutore e cercando di spezzare una lancia a favore del Capoluogo e degli altri Comuni, coinvolti troppo emotivamente nella psicologia della ricostruzione. La lancia è stata ridotta veramente in frantumi dall’ex delegato del governo, che ha chiuso ogni possibile contributo al discorso precisando che gli stati emotivi potrebbero avere una possibile giustificazione nell’immediato dopo sisma.
A distanza di ben quattro anni, lo stato di emotività dovrebbe lasciare il posto alla ragione, all’analisi dei fatti, alla formulazione delle tesi per giungere alla presentazioni di sintesi corrette e fattibili e non alla esaltazione di un altisonante crono programma privo, tra l’atro, di testa, coda e contenuti. Il quintetto regionale non ha potuto fare altro che prendere atto delle esternazioni dell’ex Ministro. Non ha potuto neppure chiedere l’intervento dello stesso nella veste di alto rappresentante dei posti chiave del partito di appartenenza.
La lezione e i giudizi di Barca, espressi apertamente in diverse occasioni, non sono serviti a nulla. Come non è servita a nulla la solenne bocciatura degli emendamenti “salva L’Aquila”. Resteranno ancora inascoltate le nostre raccomandazioni alla moderazione, al rispetto dell’etica, all’uso della diplomazia, alla professionale progettualità puntuale, corretta, aderente alla realtà dei fatti e formulata anche in maniera modulare. Infatti, le prime reazioni a caldo del Sindaco non appaiono intonate ad una strategica diplomazia. Tuonano nell’etere come duri proclami bellici, poiché il primo cittadino insiste nell’affermare che «c’è ancora spazio, ma è una guerra». Per spazio il primo cittadino aquilano intenderà, forse, il campo di battaglia politico o quello dell’infinito, non certamente quello dell’area di cratere che avrebbe bisogno di ben altre attenzioni.