
Apprensione in Sicilia per i terremoti che negli ultimi giorni hanno scosso l’isola.
Dopo la scossa di magnitudo locale 3.5 di ieri pomeriggio, nel distretto sismico Etna si sono verificati diversi terremoti di magnitudo superiore a 2, tra cui uno di magnitudo 2.9 che ha colpito l’isola alle 4.47 della notte scorsa.
Tra l’apprensione e la preoccupazione tra i siciliani si è diffuso anche un piccolo giallo che l’Istituto nazionale di vulcanologia e geofisica (Ingv) ha subito provveduto a chiarire attraverso le pagine del proprio blog dedicato agli eventi sismici.
«Nel pomeriggio del 23 maggio, intorno alle 16.15 – spiegano i ricercatori sul blog Ingv Terremoti – sono giunte diverse segnalazioni per un terremoto avvertito in provincia di Siracusa. I sismometri delle nostre reti sismiche avevano effettivamente rilevato un tremore che era stato associato dai programmi automatici a un terremoto con ipocentro superficiale a largo di Siracusa, a cui era stata attribuita una magnitudo pari a 2.8 (sempre dai sistemi automatici). Un’ora prima avevamo registrato un terremoto di magnitudo 3.5 all’Etna, mentre pochi minuti prima ne avevamo avuto uno piuttosto forte in Grecia (magnitudo 4.8).
I nostri sismologi in turno in sala sismica però avevano notato che le forme d’onda (sismogrammi) registrate non avevano le caratteristiche classiche di un terremoto: non erano riconoscibili delle chiare onde S e anche le onde P avevano un inzio debole (emergente), cosa strana per un terremoto vicino di quella magnitudo. Si poteva pensare ad un evento artificiale, come uno scoppio di cava o un’esplosione sottomarina, spesso registrate dai nostri strumenti in molte regioni italiane.
Invece, confrontando i tempi di arrivo delle onde sismiche con quelle del terremoto in Grecia, è stato riconosciuto un fenomeno tipico delle zone costiere ma raramente avvertito dalla popolazione. Si tratta delle cosiddette “onde T”, generate in questo caso dal terremoto greco. Queste onde vengono osservate ai sismometri posti vicini alla costa e sono onde di compressione, al pari delle onde P, ma viaggiano in acqua invece che nella roccia. Per questo motivo sono molto più lente sia delle onde P che delle onde S. Un’onda P attraversa lo Ionio al limite crosta-mantello a una velocità di circa 8 chilometri al secondo, mentre un’onda T viaggia a circa 1.45 chilometri al secondo. Per una distanza di circa 500 chilometri (qual è quella tra epicentro greco e Siracusa) la differenza di tempo tra onda P e onda T è più o meno di 5 minuti. L’onda P impiega circa un minuto, mentre l’onda T viaggia per quasi sei minuti. Vicino alle P, arrivano le onde S. Particolarmente utile si è rilevata la stazione sismica sottomarina SN1, ubicata al largo di Catania».
«Le onde T – spiegano i ricercatori dell’Ingv – viaggiano in una zona particolare del mare il cosidetto canale Sofar (Sound Fixing and Ranging channel, canale di fissazione ed oscillazione sonora): uno strato di acqua nell’oceano in cui la velocità del suono è minima. Le onde sismiche generate da un terremoto vicino al mare sono trasmesse dal suolo all’acqua e rimangono intrappolate nel canale Sofar, propagandosi a grande distanza senza una significativa attenuazione (a bassa frequenza). Per questo motivo terremoti lontani possono essere avvertiti dalla popolazione anche a notevole distanza, a patto di essere vicino alla costa, dove le onde T vengono trasmesse dall’acqua al suolo. L’energia portata efficaciemente nel canale Sofar, una volta trasmessa alla costa va ad attenuarsi rapidamente e quindi è difficile che tremori vengano avvertiti lontano dal mare. Un caso analogo accadde in occasione del terremoto in Algeria del 2003 (Magnitudo 6.4) che venne avvertito bene lungo la costa della Liguria».
«Queste onde T, sicuramente anomale, non hanno tuttavia nulla che vedere con le onde di tsunami – precisano i ricercatori – Nel primo caso si tratta di un’onda acustica (compressione), mentre un’onda di tsunami (che si propaga in superficie) è dovuta allo spostamento di un grande volume d’acqua e si tratta quindi di un anomalo moto ondoso del mare».