
Si è dissolta in un nulla di fatto, dopo una sentenza del tribunale, la controversia civile che fu avviata in relazione al fallimento dell’Aquila calcio.
Si tratta, a scanso di equivoci, di una vicenda che non ha nulla a che spartire con l’attuale sodalizio calcistico rossoblù. Era stata proposta un’azione sociale di responsabilità, in relazione al fallimento del sodalizio, avvenuto una decina di anni fa, nei riguardi della dirigenza ed ex amministratori.
Si allude agli ex presidenti Michele Passarelli ed Eliseo Iannini, poi altri dirigenti quali Vincenzo Lamparelli, i sindaci Luigi Parravano, Felice Masci, Giuliano De Matteis, Rosanna Di Gioacchino, Pietro Gregori, Carlo Pellini oltre al liquidatore Fabio Alessandroni.
La richiesta di danni per il fallimento era di oltre tre milioni di euro. Con un’ordinanza collegiale si dispose la separazione delle posizioni in relazione alla diversità, in forza della quale i convenuti erano chiamati a rispondere. Il tribunale, dunque, ha rilevato la nullità della domanda da parte del fallimento nei riguardi di Iannini, Lamparelli, Parravano, Masci, De Matteis, Di Gioacchino, Gregori e Pellini.
«Non è stata chiarita – ha spiegato l’avvocato Riccardo Lopardi – quale fosse stata la loro condotta censurabile e la somma a ciascuno addebitabile». Tuttavia il tribunale ha disposto di provvedere a parte per le cause riguardanti Passarelli (che nel penale è stato condannato a sei anni e mezzo di reclusione) e Alessandroni (che fu assolto con formula piena su richiesta dello stesso pm) le cui differenti posizioni sono state dichiarate mature per la decisione. Come prevede il codice di procedura civile è stato dato un termine al fallimento in modo da procedere alle integrazioni chieste.
Lo stesso tribunale ha disposto la perdita di efficacia dei sequestri preventivi disposti nei riguardi dei convenuti con riserva di provvedere alla cancellazione di eventuali trascrizioni su ricorso degli interessati. Tornando più specificatamente alla decisione generale da parte dei giudici si precisa che «altra conseguenza gravemente pregiudizievole dell’indeterminatezza della domanda in un processo con una pluralità di parti è data dalla indebita e non necessaria dilatazione dei tempi del processo».
Fonte: Il Centro, articolo di Giampiero Giancarli