
«Aiutavo mio figlio perché economicamente non era in condizioni, ma della droga non sapevo nulla». Così ha risposto agli inquirenti Flerida Disla, madre di Luis Carlos Diaz, principale indagato nell’ambito dell’operazione antidroga “Chamaquito” dei carabinieri dell’Aquila, che ha portato a 6 arresti e 44 indagati scoperchiando un traffico internazionale.
La Disla ha parlato nell’ambito degli interrogatori di garanzia dei 6 che sono stati colpiti da ordinanza di custodia cautelare e non ha fatto come il figlio, che invece è rimasto in silenzio. Diaz, infatti, si è avvalso della facoltà di non rispondere, assistito dall’avvocato Alessandra Spadolini.
Davanti al giudice per le indagini preliminari Marco Billi e al pubblico ministero Fabio Picuti non ha voluto rispondere alle domande, almeno per il momento. Non è nemmeno previsto il deposito di una memoria difensiva perché sono ancora allo studio i faldoni dell’inchiesta.
Interrogatorio anche per Luca Cocciolone, titolare della pizzeria “La Torretta”, arrestato nell’ambito della maxi inchiesta, assistito dal legale Isidoro Isidori. «Abbiamo risposto alle domande del giudice sugli episodi contestati – spiega – Abbiamo chiarito le circostanze, evidenziando l’assoluta estraneità di Cocciolone allo spaccio internazionale ma anche verso tutti gli altri personaggi coinvolti nel procedimento». L’avvocato nei prossimi giorni chiederà la riduzione della misura cautelare, la scarcerazione.
Infine sabato scorso nel carcere romano di Regina Coeli è stato ascoltato anche Juan Bautista Montilla Davila. Da quanto si è appreso, avrebbe ammesso le proprie responsabilità spiegando di voler collaborare con gli inquirenti.