
La Corte Costituzionale ha censurato, dichiarandola illegittima, una norma della Regione Abruzzo che consentiva che un rilevante numero di incarichi da dirigente fosse attribuito a soggetti estranei ai ruoli dirigenziali dell’amministrazione senza «adeguate garanzie circa la loro selezione», portando di fatto la quota di tali incarichi fino al 20% dell’organico, il doppio rispetto a quanto disposto dalla legislazione nazionale.
Nella sentenza numero 105, relatore il giudice Luigi Mazzella, depositata oggi, la Consulta “boccia” il primo articolo, comma 1, della l[i]egge della Regione Abruzzo numero 16/2012[/i] che ha modificato precedenti normative in materia di organizzazione e rapporti di lavoro. Introducendo una nuova disciplina sul conferimento di incarichi dirigenziali, quell’articolo prevedeva che gli incarichi di dirigente di servizio «nelle more della copertura a tempo indeterminato e al fine di garantire specifiche necessità funzionali dell’Ente, possono essere conferiti, entro il limite del 10% delle posizioni dirigenziali» ai dipendenti regionali appartenenti alla qualifica impiegatizia di categoria D. Tale quota si aggiunge a quella, anch’essa pari al 10%, prevista da un altro comma della legge relativo agli incarichi attribuibili a soggetti esterni all’ente regionale con contratto a tempo determinato.
La norma è stata impugnata nel giugno 2012 dalla Presidenza del Consiglio, perché si riteneva che la legge consentisse un indebito aumento del limite percentuale per il conferimento degli incarichi dirigenziali a soggetti non appartenenti ai ruoli dirigenziali dell’amministrazione. Una tesi confermata dalla Consulta, che ha stabilito che la norma viola l’articolo 97 della Costituzione e contrasta con «il principio del buon andamento della pubblica amministrazione».
«Il gruppo del Pd aveva osservato in Commissione e in Consiglio che la disposizione di legge era in contrasto con la normativa sulle assunzioni dei dirigenti nella pubblica amministrazione», ha commentato il vice presidente del Consiglio regionale d’Abruzzo Giovanni D’Amico. Secondo il Pd, la legge «derogava il limite del 10% già riservato agli incarichi esterni di dirigente a tempo determinato; in secondo luogo perché, non fissando termini certi per l’incarico, sottintendeva di fatto l’accesso alla dirigenza per incarico discrezionale anziché tramite concorso, come invece la Legge vigente obbliga (la fissazione del concorso é lasciata a totale discrezionalità dell’amministrazione». «L’assessore Carpineta – ha aggiunto D’Amico – oltremodo rigida in molti altri casi di gestione del personale e nell’incapacità di dotare le direzioni dei dirigenti tramite regolare concorso, aveva avallato la norma proposta dalla maggioranza in Consiglio regionale». «Si porrà ora – aggiunge il vice presidente del Consiglio regionale – anche il problema della responsabilità contabile in ordine agli incarichi assegnati e retribuiti. La realtà è solo una: la gestione delle risorse umane della Regione Abruzzo da parte dell’attuale Giunta e dell’assessore Carpineta è contrassegnata da incompetenza e approssimazione. Essa sta creando un caos operativo interno che si riflette in danno verso la società, gli utenti e i cittadini abruzzesi».