Abruzzo, futuro dell’imprenditoria a rischio

30 maggio 2013 | 15:23
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Abruzzo, futuro dell’imprenditoria a rischio

Caduta della domanda dei beni di consumo e carenza di liquidità. Export non in grado di fornire una spinta propulsiva. Crescita delle ore di Cig ed esplosione di quella in deroga. Disoccupazione in aumento e blocco degli investimenti. L’Abruzzo versa in una situazione di «grande criticità e difficoltà», stando all’indagine semestrale sull’industria, presentata oggi a Pescara e relativa agli ultimi sei mesi dello scorso anno.

Il lavoro è stato curato da Confindustria Abruzzo, secondo cui i «segnali di cedimento rischiano di mettere a repentaglio il futuro stesso dell’imprenditoria e della collettività».

L’indagine, in particolare, cita l’ulteriore decremento del numero di aziende manifatturiere: nel secondo semestre del 2012 il saldo netto è stato negativo per 143 unità, che si aggiungono alle -305 del primo semestre, per un totale di -448 unità, dato addirittura più grave di quello registrato nel 2011 (-388).

Stando allo studio, è in atto «una vera e propria minaccia di deindustrializzazione, destinata ancora a realizzarsi, con conseguenze disastrose per il tessuto economico, occupazionale e sociale regionale». Possibili, inoltre, delocalizzazioni verso contesti più produttivi.

L’indagine rileva una «diminuzione diffusa» del fatturato, in particolare nel Teramano e nel Chietino, e anche gli investimenti, in tutte e quattro le province, sono stati effettuati da meno del 10% delle aziende.

Stabile, invece, l’export e stabile, ma con tendenza alla diminuzione, anche l’utilizzo della capacità produttiva. Tra i settori che reggono meglio vi sono quello farmaceutico, quello dell’elettronica e quello chimico, della gomma e della plastica.

Negative anche le previsioni degli imprenditori per il primo semestre di quest’anno: solo il 10% delle aziende effettuerà investimenti, mentre dovrebbero restare stabili l’utilizzo della capacità produttiva, il fatturato e l’export.

«La situazione economica, finanziaria e sociale in atto non permette ulteriori ritardi. Sono quanto mai necessari interventi strutturali volti a sostenere la ripresa del comparto produttivo che rischia, nel frattempo, letteralmente di sgretolarsi», si legge in uno dei passaggi dell’indagine semestrale di Confindustria Abruzzo.

Secondo gli industriali abruzzesi non possono più essere eluse questioni come lo sviluppo infrastrutturale, l’innovazione, la ricerca e l’internazionalizzazione, «mentre, viceversa – evidenzia lo studio – si succedono provvedimenti, quale quello dell’ulteriore aumento dell’Iva, che colpisce duramente il comparto produttivo».

«L’Abruzzo negli ultimi anni – si legge ancora nell’indagine – si sta contraddistinguendo per un percorso di rigore, per certi versi virtuoso, volto a recuperare i deficit di bilancio connessi in particolare alla sanità. Urgono però misure aggiuntive a sostegno delle imprese e dell’occupazione. Nonostante alcune misure, soprattutto sul versante dell’occupazione, siano state messe in campo, restano sul tappeto problemi che da troppo tempo attendono risposte».

Confindustria chiede agli amministratori locali «un particolare impegno con riferimento ad una serie di interventi a valenza nazionale» e di compiere «ogni sforzo» per rendere il più efficace e tempestivo possibile il pagamento dei crediti della pubblica amministrazione alle imprese, stimolare il Governo nazionale a riconoscere le aree di crisi regionali individuate dalla Giunta Regionale ed intervenire a livello nazionale per assicurare i finanziamenti ed il sostegno politico necessari per la ricostruzione dell’Aquila.

Altre priorità, secondo la confederazione dell’industria, sono il rafforzamento del sistema creditizio, la definizione della politica energetica regionale in base agli indirizzi della Strategia Energetica Nazionale e lo sviluppo del turismo in un’ottica prettamente ecosostenibile.

«Confindustria Abruzzo – si legge nelle conclusioni dello studio – chiede il rispetto degli impegni assunti e una velocizzazione delle iniziative da intraprendere al fine di dare tutte le risposte possibili, anche di ordine etico, ad un tessuto economico e sociale ormai allo stremo».