
«In questi giorni il ministro per l’Immigrazione Cécile Kyenge sta visitando i Comuni in cui è stata sostenuta, in sede dei rispettivi Consigli, la sua proposta di legge per il conferimento della cittadinanza onoraria ai figli di immigrati nati in Italia. Il Consiglio comunale dell’Aquila, dando prova di civiltà e apertura, ha recepito con convinzione la mia proposta, formalizzata attraverso un ordine del giorno, per dare sostegno e forza all’iniziativa del ministro. Per questa ragione mi sono pregiato di invitarla all’Aquila e, a questo scopo, stiamo avviando dei contatti». Ad annunciarlo, attraverso una nota è il consigliere straniero Gamal Bouchaib.
«Ritengo importante la presenza del ministro qui nel capoluogo d’Abruzzo – spiega il consigliere – soprattutto in questo particolare momento storico, le cui condizioni conferirebbero all’iniziativa ulteriore valore e significato. Ricordo che quella per lo “ius soli” è una battaglia di civiltà e di diritto. I figli di immigrati nati in Italia, al compimento del 18esimo anno di età, senza cittadinanza, devono procurarsi un permesso di soggiorno. Il che vuol dire dover necessariamente trovare un lavoro, altrimenti si trovano nell’impossibilità di finire la scuola (a 18 anni, tipicamente, si frequenta ancora l’ultimo anno di scuola superiore), di iscriversi all’università, di intraprendere la carriera militare al servizio del Paese in cui sono nati, di avere diritto a cure mediche, assistenza sociale e, addirittura, di girare liberamente e fare la vita di tutti i loro coetanei, dal momento che entrano nel limbo dei “clandestini”».
«La necessità di avere un lavoro regolare in un Paese che è maglia nera in Europa per disoccupazione e impiego in nero – prosegue il consigliere – significa non solo andare incontro a difficoltà enormi, dovendo accettare anche di essere sottopagati, ma avere problemi a intraprendere studi universitari, come quelli di Medicina o di Ingegneria, che richiedono obbligo di frequenza. Senza la cittadinanza ai figli di immigrati nati in Italia questo Paese avrà un esercito di “figliastri” che parlano la stessa lingua dei loro amici, più che quella dei loro genitori, che si sentono italiani per nascita e per percorso di vita, ma non hanno uguali diritti e, soprattutto, uguali opportunità rispetto ai loro amici. Un patrimonio umano in termini di capacità, di intelligenza e di entusiasmo che ha fatto grandi altri Paesi, come gli Usa, e che l’Italia rischia invece di disperdere e guastare, in nome di frange di mediocrità e di paura. “Pietà per la nazione che non conosce nessun’altra lingua se non la propria, nessun’altra cultura se non la propria”. Così scriveva un grande poeta italiano, Pier Paolo Pasolini, ed è questa la lezione che i nostri figli, cittadini italiani e non, oggi ci insegnano».