Gli asini litigano e i barili si sfasciano

1 giugno 2013 | 10:29
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Gli asini litigano e i barili si sfasciano

di Fulgo Graziosi

La nostra Regione è veramente singolare. È fortemente interessata alla creazione di figure fantomatiche. Inizialmente ha cambiato la denominazione giuridica del Presidente, per il quale vengono indette elezioni amministrative per la nomina con questa precisa indicazione, in Governatore della Regione. Non basta. Attraverso una serie di voli pindarici, strettamente correlati a degli equilibrismi gestionali del tutto virtuali, il Governatore vuole assumere ruoli e funzioni di Faraone d’Abruzzo. Infatti, si è costruita una piramide, alla cui base ha collocato i fedelissimi, a cui lascia fare i comodi propri per non essere disturbato nell’esercizio dei suoi compiti. Emana con solennità i proclami faraonici. Impone il rispetto delle regole. Emette giudizi e sentenze di condanna verso coloro che non risultano allineati, definendoli inetti e incapaci, come nel caso del Sindaco dell’Aquila.

Salvo, poi, ad andare in soccorso dei denigrati quando questi, nella disperazione della nullità in cui vivono, si lamentano e gridano al vento di essere stati lasciati soli. Si disperano al punto che, con la vista appannata dalle lacrime e la mente confusamente in stato di abbandono, commettono le azioni più banali e, soprattutto, riprovevoli, come la riconsegna della fascia di Sindaco e la rimozione del tricolore dagli uffici pubblici di competenza comunale. Un autentico schiaffo alla Costituzione e al vessillo nazionale sui quali ha prestato giuramento di assoluta fedeltà.

Collocato al vertice della piramide il Faraone domina la scena regionale. Una fitta serie di polemiche ha infestato per ben quattro anni la nostra Regione. Apprezzamenti gratuiti, giudizi pesanti, offese di ogni genere in merito alle reali capacità politiche e amministrative, attraverso cui sono stati alzati ad arte dei polveroni impenetrabili, dietro ai quali si sono nascosti elementi, molto apprezzati dal Faraone, che non hanno mai avuto una visione d’insieme dell’Abruzzo. Hanno sempre coltivato il proprio orticello. Sono rimasti in silenzio a servizio del Cheope di turno, operando nell’ombra e in sapore di omertà ai danni delle aree interne, a tutto vantaggio delle sole aree costiere.

Prova ne sia l’incestuoso parto che ha dato alla luce il 25 marzo scorso la legge regionale numero 8, relativa agli “interventi per favorire lo sviluppo della mobilità ciclistica”. Un nostro collega della carta stampata, commentando la predetta legge, l’aveva definita un contenitore vuoto e privo di qualsiasi indicazione per una concreta applicazione delle norme in essa contenute. Ebbene, non per criticare l’intervento del collega, riteniamo che egli non abbia saputo ben guardare tra le righe.

A distanza di scarsi due mesi ecco che spunta dal cilindro di Di Dalmazio, assessore Regionale allo Sport, un finanziamento di ben cinque milioni di euro. Alla faccia del contenitore vuoto. Non solo. L’intervento, guarda caso, trova la particolare collocazione per il finanziamento della sola via ciclabile del mare, o costiera, o adriatica, meglio ancora di casa propria. Questi sono gli uomini che dovrebbero avere una visione d’insieme regionale a tutto campo, a trecentosessanta gradi? Non crediamo proprio. Non perché portino il paraocchi. Solo perché non hanno la conformazione mentale per allargare lo sguardo su tutta la Regione.

Ragionano ancora a compartimento stagno. Non conoscono interamente le esigenze del territorio anche in funzione delle vocazioni locali. Con assoluta caparbietà ignorano le aree più deboli, cercando di lacerarle ulteriormente fino al completo annientamento, come se non appartenessero alla stessa Regione che concede loro lauti privilegi all’ombra del Faraone. Una volta tanto, l’esimio Faraone dovrebbe impartire una lezione di geografia ai propri fedeli dell’esecutivo regionale, consegnando loro una cartina geografica con l’esatta indicazione dei confini regionali, altrimenti Di Dalmazio continuerà a credere che il territorio regionale sia costituito da una ristretta fascia costiera, dal Mare Adriatico fino alla frontaliera ex Iugoslavia, dove comincia a pensare di rivendicare anche la proprietà della Dalamazia. La denominazione di questa Regione, secondo l’assessore, deriva proprio dal suo cognome. Infatti, cambia solo la vocale terminale.

Questo modo di gestire la cosa pubblica rappresenta uno dei tanti aspetti negativi della nostra Amministrazione regionale. Ma, non è tanto grave la disinvoltura e la tracotanza con le quali gli Assessori regionali impongono le proprie determinazioni. L’aspetto più grave, quello dirompente e ingiustificabile, è rappresentato dalla totale mancanza di partecipazione dei politici locali alla formazione dei provvedimenti che, successivamente, si traducono nella esaltazione di alcuni territori costieri a danno delle aree interne. Non sono gli altri più forti. Siamo noi i più deboli, che non abbiamo neppure la forza e l’accortezza di confrontarci dialetticamente con gli altri, ai quali consentiamo di fare i comodi propri. Mai, come in questo caso, l’adagio che costituisce il testo di questo intervento risulta quanto mai azzeccato.

Da diversi anni i cittadini sono investiti da diatribe salottiere, da infinite polemiche di scarso livello, da insulti e parolacce, da discorsi vuoti e poco costruttivi, mentre la città e la società aquilana viaggiano a velocità stratosferica verso un inevitabile baratro, verso il degrado più totale. Stiamo perdendo ogni forma di raziocinio e non ci accorgiamo neppure che ci stanno tagliando i ponti per non consentirci di accedere ad ogni e qualsiasi risorsa economica regionale, nazionale e comunitaria. Sarà bene perciò che i cittadini comincino a conoscere l’altra versione dei fatti.

Il progetto regionale delle piste ciclabili è scaturito dalla volontà delle Province ancor prima che l’assessore Di Dalmazio terminasse gli studi liceali e, quindi, non rappresenta un parto della sua attività politica. In quel tempo le aree interne vennero fortemente penalizzate da un Presidente della Provincia che, non avendo ben compreso l’importanza della infrastruttura, preferì accantonarla lasciando il progetto in balia delle onde. Progetto che, poi, venne ripreso dal nuovo Presidente, Stefania Pezzopane, su sollecitazione del Panathlon e inserito in uno dei piani d’intervento europei per l’importo, guarda caso, di cinque milioni di euro.

I successivi avvicendamenti politici regionali e provinciali portarono ad una nuova pianificazione delle risorse comunitarie e il finanziamento della pista ciclabile delle aree interne venne accantonato senza che nessuno ne avesse seguito l’ennesima ripartizione dei proventi europei e, oltretutto, senza che nessuno protestasse. Ma come potevano accorgersi delle sottrazioni economiche ai danni dall’area aquilana, quando il Sindaco dell’Aquila non ha saputo neppure analizzare i contenuti del progetto che il Panathlon ha consegnato gratuitamente al Comune per quattro volte. L’ultima volta è stato deposto nelle mani dell’assessore allo Sport in occasione del gemellaggio dei Club dell’Aquila e di Siena nella sede del Consiglio Regionale.

Non esistono giustificazioni e attenuanti di sorta. La consegna è avvenuta regolarmente e registrata dalle TV locali presenti alla cerimonia. Esiste anche un bel video realizzato dai Soci del Panathlon di Siena che riporta fedelmente l’atto di consegna del plico. A distanza di ben sei anni, ci giunge voce che qualche consigliere comunale, seguendo le orma di Di Dalmazio, vorrebbe proporre una pista ciclabile della sola alta Valle dell’Aterno e qualche altro della fascia pedemontana del Gran Sasso d’Italia. Questi consiglieri sono a conoscenza che il Sindaco, nei meandri del suo ufficio, ne ha ben quattro copie del progetto attuabile e rispondente alle indicazioni della legge? Ha mai saputo, questo consigliere, che il progetto in possesso del Comune risolverebbe contestualmente ben due grossi problemi, come la realizzazione della via ciclabile ed il rafforzamento degli argini dell’Aterno per evitarne le esondazioni stagionali? Ha mai sentito parlare della proposta che venne elaborata proprio dal nostro giornale che consigliava l’utilizzazione degli inerti provenienti dalle macerie per realizzare i due progetti innanzi indicati? Ha mai letto attentamente la relazione generale a corredo del progetto e il testo della legge regionale? Se lo avesse fatto si sarebbe accorto che il testo della legge regionale non è altro che la relazione del progetto della pista ciclabile aquilana debitamente e goffamente parafrasato.

Lo “scriba” regionale ha volutamente ignorato altre caratteristiche e funzioni della pista ciclabile come luogo di socializzazione, specialmente nel periodo di crisi economica che stiamo attraversando. Il valore culturale, poiché il percorso lambisce delle importanti emergenze archeologiche e storiche. Ambientali, perché la pista si immerge in un paesaggio costituito da un verde che molte regioni ci invidiano. Paesaggistico, dal momento che ad ogni curva, ad ogni depressione del terreno si creano delle terrazze panoramiche che permettono di allungare lo sguardo fino all’infinito e, qualche volta, anche oltre.

Perseveriamo ancora nella formazione di nuovi tracciati al solo fine di rivendicare la priorità dell’idea. Perdiamo ancora ulteriore tempo utile. Buttiamo al macero, come abbiamo sempre fatto, la progettualità gratuita in possesso dell’Amministrazione. Alla fine ci accorgeremo di stringere tra le mani un solo pugno di mosche. Anzi non ci saranno neppure quelle, perché saranno già volate in aree più attive e produttive. Nelle nostre mani, sempre più aride, resterà la presunzione, l’indifferenza, l’inerzia, la litigiosità e una vanesia idea di essere tra i migliori. Così facendo, andremo da soli e inesorabilmente verso il precipizio. Non sarà neppure necessario che gli altri ci spingano per farci precipitare nel baratro.

È arrivato il momento cari Amministratori di ogni ordine e grado di abolire il vecchio detto che non ci ha permesso di sviluppare la città ed il territorio: “Se l’dea non è scaturita dalla mia mente, il progetto non si deve fare e, oltretutto non si deve realizzare”. Occorrerebbe, invece, dotarsi di una buona dose di umiltà, accettare ringraziando quello che gli altri ti offrono gratuitamente, rimboccarsi le maniche e lavorare seriamente nei tempi previsti e imposti dalla normativa, avvicinarsi al prossimo per ottenere collaborazione spontanea, recuperare almeno il minimo di progettualità se si vuole conquistare la credibilità delle Istituzioni superiori e, soprattutto, dei cittadini.