
di Valter Marcone
Ci sono sere che mi domando
t’amerò come allora
qualche volta ancora.
T’ho amato per tutte le donne
che non ho conosciuto
per le stagioni e i giorni
che non ho vissuto
per l’odore del pane fresco
che rincorro al mattino
tra i vicoli deserti
dove cammino sotto lo sguardo
delle finestre semichiuse.
Abbiamo ancora lo stesso sogno,
sussurro a me stesso, ma non è così:
io da solo non riesco
non riesco a farlo vivere io da solo.
Ho un grande desiderio oggi
stracolmo d’inganni, di te
e del tuo corpo.
Perché io cheti il mio strazio
innamorato di desiderio
solo due cose posso fare
descrivere questo desiderio
come un’erba dolce amara
che avvelena la gola e soffoca
i polmoni
e non aggiungere l’ultima frase
perduta al di là di una parete
di nebbia e d’anni.