Consiglio regionale: incompatibilità, seduta rinviata

11 giugno 2013 | 17:21
Share0
Consiglio regionale: incompatibilità, seduta rinviata

La seduta del consiglio regionale non si è mai riunita e dopo un rinvio “tecnico” nel senso che il vice presidente vicario, Giorgio De Matteis, stamani ha aperto brevemente i lavori per rinviare il tutto alle 13.30, è stata sciolta definitivamente intorno alle ore 14. Il motivo di una seduta improduttiva è da ricercare, come sottolineato dal consigliere del Pd e presidente della commissione Bilancio, Emilio Nasuti, dalla «decisione di confrontarsi tra i gruppi consiliari in merito alla proposta di legge sull’incompatibilità tra assessore e consigliere regionale», unico punto all’ordine del giorno della seduta odierna.

A tale proposito, una nuova riunione della conferenza dei capigruppo è stata convocata per giovedì. La norma prevede che i consiglieri nominati assessori debbano dimettersi quindi ci sarebbe un aumento dei costi. Il capogruppo di Rifondazione comunista, Maurizio Acerbo, ha espresso la sua contrarietà chiedendo che i maggiori costi vengano coperti dal taglio delle indennità.

«Sull’argomento c’é confusione – ha spiegato Nasuti -, ad esempio il Pd in conferenza dei capigruppo con D”Amico dice sì, poi il capogruppo D’Alessandro sui giornali afferma il contrario. E’ stato già stabilito che non ci sarà aumento di costi». Intanto, il capogruppo del Pdl, Lanfranco Venturoni, in una nota, chiede che «sulla proposta di legge cessino le speculazioni».

«L’incompatibilità tra consigliere e assessore regionale é prevista in tutte le Regioni d’Italia tranne che in Emilia Romagna, Umbria e Abruzzo – ha continuato – e certifica la diversità formale e sostanziale del ruolo del legislatore da quello di chi è chiamato a governare. Una distinzione chiara e netta tesa a evitare sovrapposizioni di cariche e a favorire la governabilità della Regione». Per Venturoni che chiede una larga convergenza, «la proposta, contrariamente a quanto è stato strumentalmente affermato, non avrebbe comportato alcun aumento di costi per i cinque (e non sei) assessori in più, perché tale spesa sarebbe stata di fatto compensata dall’ulteriore taglio dell’indennità dei consiglieri».

Chiude la porta invece il capogruppo del Pd, Camillo D’Alessandro: «Nella conferenza dei capigruppo di oggi abbiamo ribadito la nostra netta contrarietà all’ipotesi di un aumento del numero di Consiglieri regionali attraverso il meccanismo legislativo della incompatibilità tra il ruolo di Consigliere e di Assessore. Per noi è un capitolo chiuso e non intendiamo affatto riaprirlo».

D’Alessandro ha chiesto la modifica della cosiddetta “legge antisindaci”: «se dovesse rimanere – ha spiegato -, obbligherebbe i sindaci dei Comuni a dimettersi, a partire dal prossimo 14 luglio, anche se le elezioni regionali dovessero tenersi tra otto mesi».

CONSIGLIO ABRUZZO, PRC: «SOLUZIONE E’ IN RIDUZIONE INDENNITA’»

«Spero che la decisione di rinviare il Consiglio serva a far riflettere maggioranza e opposizione in Consiglio regionale. L’aumento del numero dei componenti degli organi politici è socialmente accettabile soltanto se a saldi invariati, cioè se esclusivamente coperto attraverso una corrispondente riduzione delle indennità di assessori, consiglieri, presidenti e vicepresidenti. Se si ritiene che si tratti di una scelta essenziale per garantire governabilità basta che ci si abbassi proporzionalmente l’indennità. Ai cittadini non interessa se gli eletti saranno 31 o 37 ma semplicemente che non aumentino i costi della politica». Lo afferma il consigliere regionale di Rifondazione, Maurizio Acerbo per il quale «la soluzione quindi sta in una riduzione delle indennità».

«Non è difficile e andrebbe fatta comunque. Nessuna demagogia, semplicemente sobrietà. Debbo purtroppo constatare – aggiunge – che permane l’assoluta chiusura trasversale verso la proposta della doppia preferenza di genere. Anche oggi la mia richiesta di porre all’ordine del giorno del Consiglio le proposte di legge si è scontrata con un muro. Appare assurdo che nei comuni si voti già con la doppia preferenza mentre in Regione no», conclude Acerbo.