L’Aquila, la sfida del farmaco biotech

11 giugno 2013 | 10:35
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L’Aquila, la sfida del farmaco biotech

Mille addetti, cui se ne aggiungono 300 nell’indotto, una produzione annua che ammonta a 1 miliardo di euro, un export che pesa per il 32% sul totale manifatturiero e per il 48% sul totale [i]hi tech[/i].

E’ la fotografia dell’industria farmaceutica a L’Aquila, tra i poli più importanti in Italia. Una realtà manifatturiera e di ricerca di assoluto rilievo che ospita una due giorni sul biotech, oggi e domani. Evento che arriva nel capoluogo abruzzese dopo aver toccato nei mesi scorsi Reggio Emilia e Bari.

Al convegno di stamane, dal titolo “[i]Biotech e farmaco: nuove possibilità di cura, un’opportunità per il Paese[/i]”, ospitato presso la tensostruttura dell’università, donata da Farmindustria subito dopo il terremoto del 2009, partecipano, tra gli altri, il ministro per le Riforme Costituzionali Gaetano Quagliariello, il presidente della Regione Giovanni Chiodi, la senatrice Stefania Pezzopane, il sindaco Massimo Cialente, il presidente di Confindustria Abruzzo, Mauro Angelucci, il rettore Ferdinando di Orio, il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi e il presidente del Gruppo Biotecnologie di Farmindustria Eugenio Aringhieri. Di [i]biotech[/i] si parlerà anche nel corso ‘Biotecnologie e Medicina’ in programma domani presso la stessa Università a partire dalle 8.30.

SCACCABAROZZI, «SETTORE DINAMICO E TECNOLOGICO» – «Il settore del farmaco biotech in Italia è dinamico, altamente tecnologico e innovativo», ha spiegato il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi. «Con 175 imprese, 1.410 milioni di investimenti annui, 4.864 addetti in R&S, grandezze per il 75% determinate dall’industria farmaceutica, rappresenta – ha argomentato – un valore per i singoli territori e una leva di crescita per l’intero Paese da valorizzare nel migliore dei modi».

Per il presidente di Farmindustria «è importante eliminare tutti gli ostacoli che impediscono l’accesso rapido ai medicinali innovativi, che in Italia possono arrivare fino a 2 anni dopo rispetto ai principali Paesi Ue. Con conseguenze negative sia per i cittadini che per le imprese. Sono quindi necessari un quadro normativo stabile, condizioni competitive rispetto ai big Ue e tempi più brevi per l accesso all’innovazione e il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. Senza poi dimenticare – ha infine osservato Scaccabarozzi – la tutela della proprietà intellettuale».

«A breve ripartirà il tavolo» sulla farmaceutica, partito a fine della scorsa legislatura. Lo annuncia il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, a margine di un convegno sul biotech all’Aquila, sottolineando che «la riconferma del sottosegretario Claudio De Vincenti rappresenta un felice anello di continuità».

Proprio il sottosegretario «ci ha già assicurato la

volontà di dare continuità al progetto» e «mi auguro che il

tavolo possa ripartire già prima della chiusura

estiva».

«GRANDE CHANCE PER L’ITALIA» – «Il futuro è biotech. E l’Italia ha una grande chance», ha sottolineato Eugenio Aringhieri, presidente del gruppo Biotecnologie di Farmindustria. «I farmaci biotecnologici – ha spiegato sono già oggi il 20% di quelli in commercio e il 50% di quelli in sviluppo. In molti casi rappresentano l’unica possibilità di cura per patologie rilevanti e diffuse come anemia, fibrosi cistica e alcune forme di tumore. E sono tra le principali risposte alle malattie rare, per lo più di origine genetica».

«Il nostro Paese – ha aggiunto – ha tutti i presupposti per rivestire un ruolo da protagonista nel biotech: in primis con le competenze, per poi proseguire con i 109 farmaci disponibili, i 67 progetti discovery e i 359 prodotti in sviluppo. Le imprese del farmaco biotech che operano nel nostro Paese rappresentano il 43% del totale e incidono per l’85% sul fatturato complessivo dell’intero comparto biotech».

Per Aringhieri la due giorni del convegno «vuole contribuire alla presentazione del biotech, settore dalle grandi capacità innovative, nel quale, a livello nazionale, emergono le tre imprese del farmaco con sede a L’Aquila (Dompe’, Menarini, Sanofi). Aziende che, proprio a L’Aquila, nel 2012, a fronte di 80 milioni di spesa pubblica, ne hanno generati 115, dei quali 100 direttamente (25 milioni di investimenti, 60 per stipendi e contributi, 15 di tasse) e 15 con l’indotto, con un tasso di rendimento del 45%. Risultati di primo piano per una Regione che può contare anche su altre realtà importanti come l’Angelini a Pescara e a Chieti e l’Alfa Wassermann a Pescara che pongono Abruzzo e industria farmaceutica in un rapporto di continua simbiosi».

«Dobbiamo lavorare per far diventare le biotecnologie sempre più una leva strategica. E’ un argomento che affronteremo con il Governo», ha aggiunto Aringhieri, sottolineando che «ormai sono passati quasi 60 anni da quando qualcuno ci ha raccontato com’era composto il Dna».

«Devo dire che da quel momento – ho argomentato – la scienza e la tecnologia hanno fatto passi da gigante fino a diventare una leva strategica del Paese su diversi elementi: il primo la tutela della salute, il secondo lo sviluppo del Paese, il terzo lo sviluppo del locale. E’ un’opportunità che deve essere vissuta come un investimento e non come un costo, dobbiamo avere tutti questa consapevolezza. Da soli non si vince, bisogna che il contesto sia un contesto favorevole. Le istituzioni siano pronte a partecipare, l’università si è evoluta sotto questo aspetto. Qui all’Aquila si è trovata una sintesi, il polo farmaceutico aquilano ne è una concreta realtà dalla quale tutti ci aspettiamo molto».

QUAGLIARIELLO: «PUNTARE SU BIOTECNOLOGIE» – Rispondendo ai giornalisti che hanno posto domande in merito al ruolo delle biotecnologie nel territorio aquilano dove, a 4 anni di distanza, i problemi legati al terremoto sono ancora in gran parte irrisolti, Gaetano Quagliariello ha sottolineato che «le biotecnologie sono il settore in cui si deve puntare molto per la ripresa del Paese». «In questo pezzo dell’Italia – ha aggiunto – la ripresa economica ha un significato ancora più forte perchè si innesta con una situazione di crisi che deve essere assolutamente sentita come crisi nazionale, quindi come crisi che non appartiene solo a questo territorio ma a tutto quanto il Paese. L’Aquila è una ferita dell’Italia che il Governo deve risanare».