Carcere Sulmona, accuse di violenze ai detenuti

20 giugno 2013 | 17:27
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Carcere Sulmona, accuse di violenze ai detenuti

Li chiamavano

“monaci”, per via delle larghe tute mimetiche che indossavano,

sotto le quali nascondevano cinte e bastoni. Vere e proprie

squadre di punizione che agivano in silenzio e molto spesso di

notte, per colpire i detenuti del carcere di Sulmona.

La scioccante rivelazione è stata fatta questa mattina da un

collaboratore di giustizia, sottoposto a regime di protezione

rinchiuso nel carcere di Torino, dove sta scontando l’ergastolo,

chiamato a testimoniare in un processo in cui è imputato

Francesco Sciarrotta, agente di polizia penitenziaria di 45 anni

del Gruppo operativo mobile (Gom) di Roma.

L’agente è accusato

di lesioni aggravate nei confronti di un detenuto, per fatti che

si sarebbero svolti nell’ottobre del 2007.

Nel corso dell’udienza che è durata alcune ore e che si è

svolta a porte chiuse, il collaboratore di giustizia ha

raccontato con dovizia di particolari, numerosi episodi di

presunti maltrattamenti messi in atto, dai cosiddetti “monaci”

nei confronti dei detenuti, ai quali avrebbe assistito durante

la sua permanenza nella sezione gialla del carcere di Sulmona

riservata ai collaboratori di giustizia.

Rivelazioni che hanno indotto il difensore della parte

civile, l’avvocato Cinzia Simonetti, a chiedere al giudice Ciro

Marsella, la trasmissione degli atti alla procura della

Repubblica, affinché venga approfondita la veridicità delle

dichiarazioni del testimone, in ordine all’esistenza di una

presunta squadra di picchiatori.

Nel corso della

deposizione il testimone avrebbe fatto con precisione alcuni

nomi di agenti di polizia penitenziaria che avrebbero

partecipato ai raid punitivi.

«Laddove venissero

accertate responsabilità in ordine ai fatti emersi nel corso

del processo – afferma l’avvocato Simonetti che è anche

responsabile di zona dell’Osservatorio Carceri dell’Unione delle

Camere Penali Italiane -sarebbe giusto e opportuno sia da

parte della giustizia sia da parte della stessa amministrazione

penitenziaria, che venissero adottati gli opportuni

provvedimenti, affinché non si verifichino altri casi Cucchi».

(ANSA).