
di Vincenzo Battista
I geodi, le “bocciere” si trovano, ma bisogna scavarli, qui, sugli 870 metri di monte Plaia e raccolti nel giorno della Natività di San Giovanni Battista aumentano il potere protettivo di queste sfere naturali in pietra incassate nelle mura dei villaggi di Bugnara e Introdacqua che abbiamo attraversato, nei giardini, alcuni ci dicono addirittura nelle fondamenta delle abitazioni.
Poi, le “bocciere”, le troviamo anche nella stessa chiesa parrocchiale di Introdacqua, lungo le mura del suo edificio religioso: sono forse il punto d’incontro più vicino tra fede e aspetti leggendari, tramandati dalla comunità, che esaltano il paesaggio e lo pongono al di sopra degli eventi quotidiani il mito trova la sua identificazione, in particolare all’alba, il 24 giugno, sempre sul monte Plaia, in cui si consumerà “l’evento”.
«E domani è San Giovanni fratel caro, è San Giovanni. Su la Plaia me ne vo in gire, per vedere il capo mozzo, dentro il sol dell’apparire», esclama Ornella, atto primo, scena prima della tragedia “La Figlia di Iorio” di un d’Annunzio alla continua ricerca di una cultura diversa per i suoi testi, affascinato dal mito della terra d’origine e della tradizione remota, di un Abruzzo primordiale delle tradizioni, delle “abitudini” culturali, dei miti frullati dentro il Decadentismo, il pensiero rivoluzionario della sua scrittura: memoria classica dei suoi studi, spesso interfacciato con l’etnografia dei racconti orali, struggenti storie, delle contrade interne, irraggiungibili, di un Abruzzo millenario fuori rotta. Ma non per lui.
Questi miti, spesso, riconquistano idealmente una natura ritenuta ostile, trasformandola, a vantaggio dell’uomo. “L’intervento” di San Giovanni Battista in queste terre della sua santità, era chiamato a ristabilire due principi primari universalmente riconosciuti dalla comunità locale: allontanare il male dal corpo, “pettinare” e bonificare i territori dalle avversità per i lavori agricoli e pastorali di un tempo.
La gente di Introdacqua, delle case sparse e dei centri vicini si riuniva fin dalla notte, saliva in corteo su monte Plaia per la “Costarella”, una contrada che scopre il borgo di Introdacqua incassato con il suo dongione medioevale nella valle “Contra” che porta fino al massiccio del Genzana; dopo il vallone “Lu Rusce”, salendo, s’incontra la grande pineta che il corteo con il sacerdote in testa attraversava: una colonna di persone in preghiera si avvicinava in un appuntamento pagano con il rito di purificazione e propiziazione, agreste, figlio forse di una arcaica tradizione di antichi culti solari.
Il momento solenne è l’aurora. Il sole esce da dietro il massiccio della Maiella e nel compiere “il triplice salto” come vuole la tradizione popolare, per un attimo mostra l’effige di San Giovanni Battista e appunto i “tre salti” del capo decollato. Pochi attimi, che erano sufficienti per “leggere” la sorte, l’annata agricola, i raccolti come riferiscono alcuni, il prodigio che dalla notte aveva portato su la gente per la veglia dei miracoli.
Ma la festa di San Giovanni, raffigurato nell’iconografia classica come eremita penitente, avvolto da una pelle di capra, protettore dei padrini, dopo le meraviglie e i prodigi dell’alba, proseguirà con i fuochi. I falò delle città e dei borghi si accenderanno «perché lui è il precursore di uno più forte di lui, il quale battezzerà con lo Spirito Santo e il Fuoco…», dopo che qualcuno l’avrà sfidato, forse in un nuovo rito, saltando sopra le sue braci ardenti.