
di Nando Giammarini*
L’incendio di una scuola ancor prima che uno schiaffo alla città – come lo ha giustamente definito il sindaco di Roma Marino – è un attentato alla cultura e un affronto al futuro di tanti giovani che in quella struttura del popolare quartiere romano “Garbatella” costruiscono il loro domani. La cultura e il sapere sono i criteri fondanti, i pilastri, di qualsiasi società che attraverso la scuola forma la futura classe dirigente cui è affidato il destino dell’umanità.
Unanimi e sdegnate le reazioni del mondo politico e istituzionale: lo sciagurato gesto, compiuto nella notte tra venerdì e sabato scorsi, è un crimine perpetrato ai danni della città, della scuola pubblica e dell’intero Paese in un momento di così grave congiuntura economica.
La scuola di via Padre Reginaldo Giuliani, lo ricordiamo per dovere d’informazione, è un simbolo di egualianza ed implosione sottoposta a continue irruzione di ragazzi di destra che si abbandonano a gesti di vandalismo e scritte omofobe ripetutamente negli ultimi mesi.
Il governatore della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha parlato di un grave gesto intimidatorio ad un luogo dove «i valori di rispetto e non violenza devono essere inalienabili».
Lo stesso ministro della Pubblica istruzione Maria Chiara Carrozza, ha espresso la ferma condanna per il gravissimo atto, mentre per il dirigente scolastico Vincenzo Rudi si tratta di un atto di terrorismo contro un’istituzione radicata.
Intanto il sindaco Marino ha annunciato un tavolo istituzionale cui partecipano Comune, Regione, Provincia ed il ministero per organizzare, in tutta fretta, i lavori di ristrutturazione onde evitare l’interruzione delle lezioni il prossimo settembre.
Dai primi rilievi effettuati dalla polizia scientifica e dalla Digos è emerso subito che si trattava di un attentato di origine dolosa: sono state trovate una scatola di cerini e altre prove inconfutabili. Successivamente gli inquirenti hanno visionato i filmati delle telecamere posizionate in strada per risalire ai responsabili dell’infame gesto e stilato una black list.
Sono circolate subito le iniziali di un presunto attentatore, un tale A.G., e si è compreso immediatamente che si trattava di gente che ben conosceva i locali della scuola, sebbene il fuoco avesse cancellato molte tracce. Poi il colpo di scena: gli attentatori si sono costituiti negli uffici della Digos e hanno confessato.
Si tratta di due minorenni, dei quali si sta interessando la procura dei minori, e due maggiorenni denunciati per incendio doloso. La loro giustificazione: credevano solo di incendiare qualche banco, avendocela con la scuola per essere stati bocciati, ma non credevano si verificasse un simile disastro.
Gli stessi inquirenti sono perfettamente convinti del fatto che dietro l’attentato non ci sia nessun movente politico o matrice omofobica come si era ipotizzato precedentemente. I ragazzi si sono detti pentiti per il folle gesto e pronti a collaborare alla ricostruzione.
Amaro lo sfogo del dirigente scolastico Rudi: «Non credevo che una scuola che lavora con le famiglie potesse generare persone così». L’incendio del Socrate, hanno sostenuto alcuni studenti dell’istituto, è talmente folle da essere incredibile. Simili misfatti si verificano, purtroppo, agli inizi del terzo millennio nella colta ed evoluta Capitale d’Italia. Basta buonismi di ogni genere i responsabili dell’assurdo ed ingiustificato incendio meritano una punizione esemplare.
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