
Il terremoto di magnitudo locale 4.9 che la notte tra il 20 e il 21 luglio ha colpito il distretto sismico “Monte Conero” ha interessato una «zona conosciuta per la sua pericolosità sismica, che non è elevata come all’interno della catena appenninica, ma non è comunque trascurabile». A precisarlo sono i ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) che attraverso alcuni post pubblicati sul blog [i]Ingv Terremoti[/i] hanno analizzato la scossa di magnitudo 4.9 e la pericolosità sismica dell’intera area.
Il terremoto del 21 luglio, registrato alle 3.32, ha avuto epicentro in mare, al largo della costa delle Marche tra le province di Ancona e Macerata. Tra i comuni più vicini all’epicentro: Loreto, Numana e Sirolo in provincia di Ancona e Porto Recanati in provincia di Macerata. «L’evento sismico – spiegano i ricercatori dell’Ingv – è stato preceduto da 5 scosse di magnitudo compresa tra 2.1 e 3.2, a partire dal 17 luglio, e seguito da numerose altre repliche».
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«La pericolosità sismica – precisano gli esperti – varia in funzione di diversi parametri, ma senza dubbio il più importante è la frequenza dei terremoti avvenuti in una regione e la loro magnitudo. La regione dell’off-shore adriatico, all’altezza delle Marche, presenta le caratteristiche di una zona sismica: terremoti storici e faglie attive. Il numero e la magnitudo dei terremoti del passato non sono confrontabili con i grandi eventi dell’Appennino, ma ugualmente hanno avuto un impatto rilevante. La storia sismica di Ancona rivela infatti numerosi eventi con intensità Mercalli (Mcs) pari o superiore al VII grado, nel 1269, 1474, 1690, 1741, 1870».
«Il catalogo della sismicità storica – precisano i ricercatori – riporta un terremoto di magnitudo 5.1 nel 1917 a Numana e un terremoto di magnitudo 5.8 nel 1930 a Senigallia e altri eventi di magnitudo intermedia, lungo la costa. Tuttavia in alcuni punti della costa Adriatica sono state stimate magnitudo fino a 6.1, come nel 1916 quando nell’arco di pochi mesi una serie di terremoti (magnitudo 5.5/6.1) ha interessato la zona settentrionale della costa marchigiana. In tempi più recenti, ricordiamo gli anni 1970/71/72, quando è avvenuta a nord del Conero una lunga sequenza con eventi di magnitudo inferiori o prossimi alla magnitudo 5.5, e il terremoto di magnitudo 5.1 del 1987 di Porto San Giorgio».
«La conoscenza delle faglie attive nel settore dell’off-shore adriatico – concludono gli esperti dell’Ingv – si basa soprattutto sull’esplorazione sismica effettuata negli ultimi decenni per ricerche di idrocarburi. L’interpretazione delle linee sismiche ha mostrato l’esistenza di diversi fronti compressivi sepolti, analoghi in qualche modo a quelli della pianura padana. Si tratta di strutture a carattere compressivo o trascorrente, come anche testimoniato dai pochi meccanismi focali dei terremoti recenti. Per quelli antichi non esistevano dati per determinarli. Secondo i modelli geologici prevalenti questi fronti geologici sepolti sono attivi e orientati parallelamente alla costa e sarebbero frammentati da faglie trascorrenti, ossia con spostamento laterale di un settore rispetto a quello adiacente, perpendicolari ai fronti stessi».