
di Roberta Galeotti
Il 22 luglio scorso l’amministrazione comunale di L’Aquila ha emanato un’ordinanza, cosiddetta ‘Affama Randagi’, che vieta la somministrazione di acqua e cibo ai randagi della città da parte delle persone non autorizzate, cioè tutte quelle persone che non hanno adottato un randagio rispondendo al relativo bando dell’amministrazione.
Il centro storico di L’Aquila è quasi interamente interdetto alle persone e le vie di accesso sono persidiate dai militari; la zona rossa è quindi abbandonata e il privilegio di vivere le nostre macerie è concesso ai soli randagi.
L’ordinanza ‘Affama Randagi’ ha fatto molto scalpore a livello nazionale e le associazioni animaliste hanno manifestato lo scorso 8 agosto per indurre l’amministrazione al ritiro dell’ordinanza.
Ma il vice sindaco Roberto Riga, e lo stesso Massimo Cialente, hanno confermato la disposizione «necessaria ad assicurare il decoro e l’igiene in città, tanto nelle zone centrali quanto in quelle periferiche» illustrando come «il provvedimento fosse concordato e concertato con le associazioni animaliste, che ne hanno ben compreso lo scopo e il significato – ha spiegato Riga -. La finalità della disposizione è infatti quella di tutelare gli animali, cui potrebbero essere somministrati cibi dannosi o scaduti».
Il Comune è stato sommerso di e-mail provenienti da tutta Italia di protesta contro l’ordinanza.
Una cinquantina di aquilani hanno sottoscritto ieri una lettera al Sindaco chiedendo il ritiro della disposizione.
Una mail mi ha colpito in particolare tra quelle ricevute perchè va oltre le esclamazioni di incredulità e le offese ma riporta un esempio concreto di amministrazione responsabile e sensibile.
Clelia Berti scrive da Arona (Novara) «fiorente cittadina sulle sponde del lago Maggiore» che in questi giorni di caldo torrido «ha invitato tutti i commercianti a porre una ciotola di acqua fuori dalla porta delle loro attività, per dissetare gli amici pelosi». Clelia aggiunge nella sua mail che nella cittadina piemontese «è vigente un costante censimento delle colonie feline gestite dalle “gattare”» e che la lungimirante amministrazione comunale «provvede anche alla sterilizzazione delle colonie feline tramite una convenzione con un’associazione animalista».
Nell’immediato post sisma i nostri randagi hanno attratto gli obiettivi ed i giornalisti di tutto il mondo, Pluto ‘Ju cane’ è stato la mascotte e l’icona della nostra zona rossa.
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Il centro storico è completamente transennato e giustamente abbandonato, per l’incolumità delle persone, ma non riusciamo a gestire i ragazzi che durante le notti brave aquilane cercano adrenalina tra le macerie, perchè dovremmo andare ad affamare i poveri animali che le abitano? Non credo sia questo il metodo per contenere e gestire gli animali randagi in una città civile.
Quei pochi aquilani che hanno scelto di rimanere a vivere a L’Aquila hanno sviluppato gli anticorpi per questa vita fantasma e si sono assuefatti anche a questa amministrazione comunale che pur ritrovandosi a gestire la metà della popolazione non riesce ad assicurare i servizi basilari per una civiltà moderna ed evoluta.
Mi conforta riscoprire un forte senso civico nei miei concittadini che combattono una ordinanza così vile, disumana e soprattutto inutile.