‘Come siamo fatti dentro’: un docente aquilano a SuperQuark

di Gioia Chiostri
«‘Come siamo fatti dentro’ nasce da un’idea del mio maestro romano, il professor Motta, allora direttore dell’Istituto di Anatomia dell’università di Roma, che collaborò con Piero Angela per la messa in onda di un paio di programmi tv. ‘Viaggio nel corpo umano’, ad esempio,uno di questi, ma ne venne trasmessa una sola puntata» – così il professore di Anatomia dell’università degli studi dell’Aquila, Guido Macchiarelli, spiega la sua fruttifera collaborazione con un «maestro di cultura e stile della televisione italiana» come Piero Angela.
«Il mio maestro curò anche un progetto educativo in dieci puntate vertente sul corpo umano, edito poi in videocassetta, che tutti ricorderanno sicuramente, soprattutto gli adulti di oggi, allora bambini. Poi Motta scomparve, ed io ho tentato di raccogliere la sua onerosa e onorevole eredità. Collaborai negli anni ’90 con lui e Piero Angela alla realizzazione di ‘La Macchina Meravigliosa’, occupandomi della puntata sul cuore. Durante l’estate ho realizzato delle miniclip di due o tre minuti su come siamo fatti dentro: un lavoro che dopo tanti anni ho ripreso con estremo piacere». Sulla falsariga de ‘La Macchina Meravigliosa’ del 1990, le sei puntate di ‘Come siamo fatti dentri’, andate in onda per SuperQuark raccontano il corpo umano attraverso le immagini ricolorate del microscopio elettronico. La lingua, l’apparato digerente, il sistema circolatorio: questi sono solo alcuni dei temi trattati dallo speciale di Piero Angela sul nostro organismo perfetto».
«Ho avuto il piacere di conoscere una persona eccezionale, lucidissima – ha aggiunto il professore – Piero Angela riesce a trasferire il complesso di un tema trattato, in un involucro linguistico comprensibile a tutti. Abbiamo selezionato 30 / 40 immagini di microscopio da far ritoccare ai grafici, e si è inserito un testo di commento. Piero Angela è riuscito a dare un taglio eccezionale alla spiegazione delle immagini: semplice, alla portata di tutti, ma senza uscire fuori dal seminato accademico o dalla verità scientifica. Le immagini sono nuovissime: quelle riguardanti l’orecchio interno, ad esempio, sono davvero efficaci. Molto del materiale utilizzato proviene dagli archivi stessi del professor Motta, molto anche dai miei archivi di docente. Sicuramente è un’esperienza che mi ha molto gratificato».
Il docente dell’Aquila ha espresso poi tutto il suo orgoglio di appartenere ad un’università che può dare ancora tanto alla città e agli studenti: «l’università si basa sulla scuola, ed è quello che vogliamo recuperare qui all’Aquila. Si può creare, ad esempio, una scuola aquilana di Anatomia o di altre discipline. Con il terremoto, è vero, abbiamo perso molto in termini di materiale e strumenti. Il microscopio elettronico che avevamo può costare oggi fra 500.000 – 1.000.000 euro. Sempre su questo punto, il vecchio microscopio, ora non disponibile, era situato presso la facoltà di Ingegneria. Insieme a docenti di Ingegneria abbiamo ottenuto fondi (dalla Total) e fatto convenzioni con strutture esterne all’università (ICIET, di Castelli) per avere a disposizione nuove strumentazioni e attivare nuovi progetti di ricerca e di formazione».
«Noi offriamo i nostri esperti, offriamo le nostre conoscenze ed è questo aspetto che all’Aquila si deve valorizzare. Nella nostra facoltà, investiamo molto sui ragazzi, li sproniamo a creare un humus accademico che favorisca la crescita culturale. Noi docenti vogliamo si crei affiliazione, vogliamo che l’università aquilana diventi una specie di mater, quella che ti dà l’imprinting. Questa città ha bisogno di un’università presente, per rinascere. Ha bisogno di una nuova spinta, tenendo a mente che laddove c’è poco di costruito, c’è ancora tanto da costruire».
Alla domanda sul perché i progetti nati nella facoltà di Medicina aquilana vengano poco pubblicizzati a livello locale, Guido Macchiarelli ha risposto così: «mi ricordo di un antico proverbio che mi ripeteva sempre mia nonna: fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce. Ossia, si va sempre a sottolineare il lato negativo delle realtà che si vivono e mai quello positivo. Così accade per l’università dell’Aquila; ma io, per poter far crescere i ragazzi, ho bisogno che la città creda alle sue istituzioni, che sappia di valere e di contare ancora qualcosa per i ragazzi che la scelgono».